Il nome paranza deriva dal fatto che in passato la rete era portata da due imbarcazioni che procedevano appaiate (in paranza, per l’appunto), un tipo di pesca che si praticava nei mari del basso Tirreno, dell’Adriatico e della Sicilia.
Pesci così piccoli, una volta, erano la parte più povera del pescato e venivano dati come salario ai pescatori che lavoravano sulle barche altrui. Oggi sono una prelibatezza che si paga spesso cara, eppure non c’è nulla di più semplice: infarinati, vengono fritti e serviti immediatamente, ancora croccanti. E vien voglia di mettersi a ballare.
Regalano ad ogni piatto aromi speciali, non solo frittura ma la deliziosa paranza è protagonista di gustosi piatti di pasta.
La paranza è una danza, sussurrava un noto cantautore qualche estate fa e non a torto quando quei piccoli pescetti infarinati, vengono fritti e serviti immediatamente, ancora croccanti. Vien proprio voglia di mettersi a ballare.
FRITTURA DI PARANZA
di Giuliana Fabris
1 kg di pescetti da lisca freschissimi, puliti ed eviscerati
farina bianca
olio di arachide o di semi
sale
Infarinate i pescetti.
In una padella di ferro, fate scaldare l’olio. Aggiungete i pescetti infarinati senza “affollare” la padella. Lasciate dorare perfettamente.
Scolate e disponete su fogli di carta gialla. Salate e servite.