Il Timballo di maccheroni, il Rè della cucina aristocratica siciliana, con la crosta profumata di burro e zucchero ripieno di ragù di carni bianche e rosse reso ancora più prezioso dal tartufo e ammorbidito dalla crema leggermente dolce condita con un pizzico di cannella, nonostante svariate declinazioni che cambiano da cucina in cucina, non cambia
Il timballo richiede tantissimi passaggi dalla frolla esterna con un pizzico di cannella, alla la crema pasticcera anch’essa con cannella, le piccole polpettine di vitello, la farcia composta di ragù di vitello, salsiccia, funghi secchi, prosciutto cotto, frattaglie e piselli.
“L’oro brunito dell’involucro, la fraganza di zucchero e di cannella che ne emanava non erano che il preludio della sensazione di delizia che si sprigionava dall’interno quando il coltello squarciava la crosta: ne erompeva dapprima un vapore carico di aromi, si scorgevano poi i fegatini di pollo, gli ovetti duri, le sfilettature di prosciutto, di pollo e di tartufi impigliate nella massa untuosa, caldissima dei maccheroncini corti cui l’estratto di carne conferiva un prezioso color camoscio.”
– Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo
La ricetta siciliana del 1860, che trovate nell’articolo precedente, è quella che più si avvicina alla descrizione fatta da Tomasi di Lampedusa
“un miracolo della cucina siciliana, che unisce i profumi e le culture di quella terra, accostando consistenze diverse, dolce e salato” come lo definisce lo chef Carlo Cracco
La rappresentazione grafica nel disegno di copertina di Mai Esteve, che abbiamo il piacere di riproporre, rappresenta la ricchezza del timballo di maccheroni.