Lunga o corta, fresca o secca, tantissime le forme che la caratterizzano e ad ognuna il suo condimento è la pasta la ricchezza della cucina italiana. Delle origini e storia della pasta ce ne parlò lo storico dell’alimentazione Massimo Montanari. Fra i molti formati di pasta della nostra penisola non possiamo dimenticarci della “struncatura” calabrese
Un tempo, nei numerosi mulini delle zone agricole reggine, in particolare nella piana di Gioia Tauro, venivano lavorati diversi tipi di farine: grano duro, mais, ma anche farro, segale, avena. Ma anche cicoria, caffè, mangime per animali.
A fine giornata gli operai raccoglievano i residui della lavorazione e le mani sapienti e abili delle fantasiose donne di casa li impastavano con acqua e ne ottenevano una pasta simile alle tagliatelle, che era il formato più facile da realizzare.
La pasta ricavata da questo insieme di rimasugli non sempre aveva un sapore gradevole, anzi, quasi mai. Per questo motivo veniva resa gustosa da condimenti saporiti e forti. Il più comune aglio, olio, peperoncino e mollica di pane all’acciuga.
Questa pasta, che oggi si trova in commercio come prodotto di nicchia nelle zone di produzione, in versione più appetibile e con un attento dosaggio di farine rustiche, si chiama “struncatura”. Il termine potrebbe derivare dalla traduzione dialettale di “segatura”, o dall’atto di tagliare, “stroncare”, la sfoglia in striscioline.
STRUNCATURA CON FONDUTA DI CACIOCAVALLO
SILANO DOP E ‘NDUJA DI SPILINGA
di Anna Laura Mattesini
per 4 persone
400 g di semola rimacinata di grano duro
20 g di farina di farro
20 g di farina di segale
10 g di farina di canapa
50 g di farina integrale
Acqua tiepida (circa 200 ml)
1 cucchiaino di sale
200 g di caciocavallo silano DOP
1/2 bicchiere di latte
20 g di burro
2 cucchiai di olio extra vergine di oliva calabrese
100 g di ‘nduja di Spilinga
Pomodorini freschi a piacere
Impastate le farine ed il sale aggiungendo l’acqua poco per volta, fino ad ottenere un impasto morbido e compatto, che lascerete riposare almeno un’ora coperto da un canovaccio. Per accertarvi che l’impasto vada bene, premetelo con un dito: se l’incavo formato si riempie lentamente, ma non del tutto, allora è al punto giusto.
Tagliuzzate o grattugiate il caciocavallo e mettetelo nel latte: tenetelo in frigorifero.
Riprendete la pasta, stendetela (con il matterello o con l’apposita sfogliatrice), poi arrotolate la sfoglia ben infarinata e ricavatene delle strisce larghe circa un centimetro.
Mettete sul fuoco il pentolino con il caciocavallo e fatelo sciogliere a fuoco molto lento, mescolando di tanto in tanto. Quando inizia a sciogliersi, aggiungete il burro.
Lessate la pasta in acqua salata, scolandola al dente. Mentre la pasta cuoce, sciogliete la ‘nduja nell’olio e tenetela in caldo. Scolate la pasta, rimettetela nella pentola sul fuoco lentissimo, versatevi prima l’olio con la ‘nduja e subito dopo la fonduta di caciocavallo. Mescolate bene e servite nei piatti aggiungendo altri pezzetti di ‘nduja, se si ama il gusto piccante, oppure del pomodorino fresco tagliuzzato per smorzare il forte sapore. Una foglia di basilico fresco aggiungerà colore e profumo.