La cucina ebraica e quella italiana, sono state per secoli partecipi di un gioco di dare e prendere, di scambio reciproco.
I grandi punti nevralgici della cucina ebraica italiana sono senza dubbio Venezia, Ferrara, Casale, Pitigliano, Livorno e Trani, senza dimenticare Roma, che ospita la popolazione più antica e il ghetto più vecchio, dopo quello Veneziano.
La cucina ebraica italiana è una cucina di territorio, che si adatta alle tradizioni regionali e storiche. Roma è uno degli esempi più eclatanti di come le cucine si siano fuse in una stessa.
A Pitigliano, tra le varie tradizioni, è degno di nota il simbolico “sfratto”, dolce a forma di frusta, allegoria ironica del continuo vagabondare forzato del popolo ebraico. Una ricetta storica che racconta e ricorda a chi è arrivato e arriverà avvenimenti che hanno lasciato tracce indelebili nella storia di un popolo e nella storia di tutti noi.
La ricetta degli “sfratti” segue il disciplinare di Slow Food che prevede due tipi di impasto per la sfoglia che racchiuderà il ripieno e stabilisce che:
SFOGLIA TIPOLOGIA A
60/70% Farina di grano tenero 00
20% vino bianco
12% zucchero
8% olio extravergine
SFOGLIA TIPOLOGIA B
45%/50% Farina di grano tenero tipo 00
15% vino bianco secco
14% zucchero
8% uova
8% olio extravergine
RIPIENO
50%/55% Miele millefiori
45%/50% noci
Scorza d’arancia
noce moscata
GLI SFRATTI DI PITIGLIANO
di Leila Capuzzo
Per ricordare lo sfratto dei Goym, si tramanda da secoli la ricetta di questo dolce che nella forma ricorda, appunto, proprio quella di un bastone. Un dolce compatto e dal ripieno ricchissimo, che deve essere servito in fette sottili
La storia e la preparazione di questo dolce simbolico
la trovate nel precedente articolo