Ho incontrato il Futurismo attraverso gli studi di architettura, che mi hanno fatto inciampare anche nella pittura e nella letteratura e cascare come una pera cotta dentro la musica futurista, che in pochi conoscono ma che è parte integrante della visone artistica totalizzante di quel movimento.
Avevo l’onore all’università di studiare con Achille Castiglioni, uno dei padri del design italiano e mitico anche come docente: alla prima lezione salì in piedi sulla cattedra con uno sgabello da mungitore legato al sedere mentre sullo sfondo scorrevano immagini di centinaia di sedie diverse, per farci comprendere come il pensiero curioso fosse l’unico approccio serio alla progettazione, in quel caso di una sedia.
Per stuzzicarci sulle infinite possibilità di definire l’armonia nella invenzione delle forme, sostituì un giorno una sua lezione con un concerto in aula della soprano Rossana Maggia, la cui potente voce accompagnava gli intonarumori suonati dallo studioso Gian Franco Maffina, fondatore dell’Associazione Musicale Russolo Pratella.
Luigi Russolo, il “futurista dimenticato”, era l’inventore di questi curiosi strumenti musicali e fu, insieme al musicista Francesco Balilla Pratella, il fondatore della teoria musicale futurista, quella “dis-armonia dei rumori” legata alla dodecafonia, e con essa progenitrice della musica elettronica, cui dedicavano tutte le loro energie i due colti ma umili narratori di quella insolita lezione accademica.
Mi si aprì un mondo. Credo decisi in quel momento che davvero l’arte, la progettazione e la curiosità intellettuale avrebbero fatto parte della mia futura vita professionale. E mi resi anche conto a partire da quella esperienza di quanto la creatività possa essere totalizzante, perché mi appassionai al movimento artistico futurista che, fatte le debite considerazioni da una distanza storica consapevole, ebbe per alcuni aspetti degli spunti geniali.
Uno fra tutti quello di considerare la cucina un’arte al pari di poesia, pittura, architettura o musica, sostenendo che anche a tavola valesse la pena di sperimentare, rompere vecchi schemi e ricercare un “nuovo” degno di un’epoca di trasformazione. Si pensa, si sogna e si agisce secondo quello che si beve e si mangia, sosteneva il poeta Filippo Tommaso Marinetti. E chissà se aveva letto Feuerbach!
E chissà, pure, se si immaginava l’evoluzione della cucina dopo qualche decennio, dal minimalismo al molecolare, dal chilometro zero al territorio etnico reinterpretato! Ma i Futuristi erano comunque avanti “a prescindere”, persino nelle modalità di frequentazione di un ristorante, visto che uno di loro si era inventato questo schema, precorrendo di quasi un secolo certe trasmissioni televisive attuali:
Senato della digestione
(formula del futurista Farfa, Poeta-Record nazionale)
Quattro commensali ordineranno ognuno due vivande o bibite digestive conosciute.
Oppure otto commensali una ciascuno. Gli altri invitati voteranno segretamente contro una o l’altra. Risulterà vincitrice quella che otterrà minori voti contrari.
Quando un paio di anni fa sono davvero stata invitata da un produttore di pasta ad una cena futurista presso una libreria in uno dei nuovi grattacieli della Milano contemporanea, mi ci sono fiondata con queste passioni nel cuore e queste citazioni in testa, ben consapevole che nel Manifesto della Cucina Futurista Marinetti avesse proclamato, oltre al convincimento di cui sopra, anche l’abolizione della pasta e della forchetta per mangiarla.
Sosteneva che la pastasciutta a cui gli Italiani erano assuefatti generasse in loro fiacchezza, pessimismo, inattività nostalgica e neutralismo, mentre forchetta e coltello mortificassero, a differenza del cibo mangiato con le mani, i complessi plastici che possono dare un piacere tattile prelabiale, ovvero tutte le sensazioni che ci perdiamo
interponendo uno strumento tra noi ed il cibo prima ancora del gusto.
Mi chiedevo dunque che cosa si fosse inventato un produttore di pasta per ricondurre il proprio prodotto in territorio futurista, durante una cena che si preannunciava accompagnata da musica e da istallazioni artistiche, ma qualche idea ha cominciato a balenarmi in testa pensando alla visione dissacrante e provocatoria che avevano i Futuristi in tutti i campi artistici, e a quanto, soprattutto, predicassero dinamismo, tensione, velocità, energia, movimento e slancio verso il futuro in opposizione alla inattività nostalgica e allo scetticismo ironico che secondo loro allontanano gli inerti dall’azione.
“Velocità” era la parola chiave, insieme alla commistione di varie arti tutte in chiave futurista. Così si è cenato in presenza di alcuni dei famosi Burattini di legno originali di Depero, accompagnati da una selezione di brani musicali eseguiti dal vivo all’insegna del tema “velocità”, dai passi di danza di una ballerina, sorpresi dai profumi floreali che
venivano spruzzati tra i tavoli come da dettami della perfetta cena futurista e stregati da poesie e trascinanti testi futuristi, magistralmente interpretati da un’attrice.
Quei brani, scelti ed elaborati con lucida, appassionata follia, erano recitati con fantastica coerenza in una narrazione che procedeva di pari passo con il crescendo del coinvolgimento emotivo e gastronomico! I tavoli sistemati tra gli scaffali di libri, cucina a vista con tutto preparato espresso (!), si mangiava con una posata disegnata ex novo per
l’occasione, una forchetta svuotata nel centro dalla passione di un cuore. Il menù, provocatoriamente, tutto di pasta dall’antipasto al dolce, con titoli e impiattamenti futuristi e sapori molto contemporanei.
Rapita dal turbinare degli spunti, delle emozioni, dei suoni, degli oggetti, delle persone, dei profumi e delle parole, la vitalità di un’esperienza artistica a tutto tondo ha preso il sopravvento ed ha perso di importanza il “dettaglio” cucina. Tra i piatti e relativi legami alle musiche e al recitato, ricordo solo degli spaghetti cotti e conditi in 90 secondi durante un vorticoso countdown: cosa più futurista di questa accelerazione dinamica?
Difficile riassumere un’esperienza pienamente futurista in parole quasi “n libertà” ma che giungano ad un senso compiuto. In ogni dettaglio si sono respirati arte, cultura… e il profumo della pasta, insieme casa e novità e sorpresa e futuro e cura… e velocità!
Se la pasta per Marinetti era una palla, un rudere che gli Italiani si portano nello stomaco come ergastolani o archeologi, da sostituire totalmente con il riso, sostengo fortemente che la serata futurista nella Milano contemporanea l’ha smentito: la pasta ha una sua chiave futurista quando è emozione sorprendente, dinamismo felice, novità entusiasmante, energia vorticosa, sorriso vibrante. E non sto citando nessuna delle meravigliose definizioni rintracciabili nei testi della serata.
Il Calendario negli scorsi anni ha brevemente raccontato la storia del Futurismo a tavola ed ha proposto ricette molto creative qui e qui . Quest’anno, invece, proviamo a reinterpretare un autentico piatto storico, ispirandoci all’unica ricetta di pasta proposta nel Formulario futurista per ristoranti e quisibeve, denominata la
Zuppa zoologica
(formula del futurista Giachino, Proprietario del Santopalato)
Pasta a forma di animali composta di farina di riso e uova, imbottita di marmellata e servita in un brodo caldo alla rosa rialzato da gocce di acqua di Colonia italiana.
Ai tempi sembrava un’accozzaglia di sapori inusitati… ma quanto erano avanti i Futuristi di allora, rispetto, che so, al risotto alle rose degli anni ’80?! In ogni caso di fatto moderiamo un po’ i toni, e soprattutto usiamo spaghetti di semola e non animaletti di riso, visto che gli spaghetti sono l’unica memoria alimentare chiara della mia personale esperienza futurista.
Per il resto non mi scompongo: sarà che sono figlia di una mamma svizzera che da bambina mangiava pasta condita col purè di mele, sarà che nella cucina mediorientale (spunto di questa rielaborazione) è normale accompagnare sia riso che pasta con frutta, composte o acque di fiori, ma non trovo nulla di particolarmente provocatorio nell’accostare ingredienti dolci ad uno spaghetto! Forse anche questa trasversalità di gusti è responsabilità di quella famosa lezione universitaria sulle armonie alternative.
Al piatto, infine, appioppo un titolo di parole in libertà e, per completare il gioco del Senato della digestione, qui offro la ricetta di una polibibita futurista di accompagnamento.
Ma, soprattutto, aggiungo qui al piatto un pensiero tra quelli di Aldo Palazzeschi. Non era presente tra gli scritti futuristi della serata ma si tratta di un imperativo che l’autore dedica ai giovani nel prepararli alla vita (un po’ come faceva il mio docente di curiosità all’università!), che spero in questo momento di quotidiano difficile per tutti accompagni la ricetta come piccola esortazione in direzione dell’arte del vivere:
Ridere quando se ne ha voglia, quando cioè il nostro ingegno, il nostro istinto più profondo ce ne suggeriscono il diritto, sviluppare questa che è la sola facoltà divina dell’essere umano.
Futurista Cipolle in Marmellata Bontà Pasta Buona Rose Belle Ciliegie
ingredienti per 4 persone
300 g di spaghetti
3 cipolle
80 g di ciliegie
2 cucchiai di pistacchi sgusciati
1 cucchiaino di petali di rosa essiccati, più un altro per il decoro
3 cucchiai di grappa
1 cucchiaino di acqua di rose ad uso alimentare
1 rametto di rosmarino
2 foglie di salvia, più 4 piccole per il decoro
1 foglia di alloro
3 cucchiaini di zucchero di canna
20 g di burro
2 cucchiai di olio extravergine leggero
sale
pepe bianco al mulinello
per accompagnare:
acqua di colonia italiana (consigliata la Rosa d’Italia: ha sentori di rosa, violetta, zafferano frutti di bosco, legni dolci, muschio bianco e miele. Quasi una ricetta in sé da poter mettere nel piatto!)
Per la marmellata di cipolle alle ciliegie tagliare le cipolle al velo, tritare finissimi salvia e rosmarino, snocciolare e tagliare a spicchietti 8 ciliegie.
Fondere il burro con l’olio in un tegame, versarvi le cipolle, le ciliegie, le erbe tritate, l’alloro; salare e saltare un paio di minuti per insaporire, quindi versare nel tegame la grappa, flambare (gesto dinamico molto futurista, si potrebbe anche lasciar sfumare), zuccherare, mescolare bene e poi lasciar cuocere coperto a fuoco basso fino a che le
cipolle diventano una marmellata. Levare l’alloro.
Poco prima di servire portare a bollore l’acqua per gli spaghetti, salarla leggermente ed unirvi 1 cucchiaino di acqua di rose ed i petali di rosa. Tagliare a filetti i pistacchi e snocciolare il resto delle ciliegie (tranne 4).
Scolare gli spaghetti molto al dente e versarli nella padella con il condimento con un paio di cucchiaiate di acqua di cottura; saltare brevemente a fuoco vivace e spegnere.
Unire le ciliegie snocciolate e i pistacchi, profumare con una bella macinata di pepe, dividere nei piatti e decorare con le ciliegie intere, le foglioline di salvia e un pizzico di petali di rosa.
Servire, spruzzando nell’aria un poco di acqua di colonia mentre i piatti arrivano in tavola.
Fonti:
– i testi del Senato della digestione e della Zuppa zoologica sono tratti da: Filippo Tommaso Marinetti, Fillìa, La cucina futurista, 1932, il cui capitolo Formulario futurista, ovvero quello con le ricette, è anche on line
– la citazione sul ridere (e non dico “riso” perché lo abbiamo d’autorità soppiantato con la pasta) è tratto da: Aldo Palazzeschi, Il controdolore, Lacerba, Anno II, n. 2, Firenze, 15 gennaio 1914
2 Comments
Rosy
2 Dicembre 2020 at 21:45
Che racconto bellissimo! Dev’essere stata un’esperienza incredibile!
Redazione
3 Dicembre 2020 at 0:13
Grazie signora Rosy
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