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GARIBALDI A VARESE, TRA BATTAGLIE E AMORE
Nel Calendario molte sono le Giornate che raccontano il rapporto tra il cibo e storia e in merito al Risorgimento sono infiniti i piatti dedicati ai suoi protagonisti o ce ricordano i luoghi dove si gettarono le basi per l’Unità d’Italia. Di essi si sono già in parte occupate Alessandra nel 2017 , Milena nel 2018  e Manuela nel 2019, dunque oggi non ne compiliamo l’elenco, ne’ ragioniamo di quelle che oggi definiamo regionali ma allora erano davvero tante cucine nazionali, che dopo il 1861 si ritrovarono a scambiarsi pian piano conoscenze ed ingredienti fino a costruire quella che ora si può chiamare cucina Italiana.

Il taglio, questa volta, è molto personale: sia per me che ne scrivo sia soprattutto per Giuseppe Garibaldi, di cui studiavo da bambina sui libri di storia senza immaginarmi che, oltre all’eroe dalle mitiche imprese dipinto dal testo, fosse anche una persona reale, con debolezze e sentimenti, ne’ che le sue vicende private fossero tanto legate ai miei stessi luoghi.

Giuseppe Garibaldi

Ma serve un piccolo riassunto storico a premessa: il 24 aprile 1859 gli Austriaci, che occupano il Nord Italia dal Triveneto alla Lombardia, dichiarano guerra ai Piemontesi, che reagiscono ricacciando l’aggressore verso la Lombardia anche con l’aiuto di una brigata di Cacciatori delle Alpi, corpo di volontari comandato da Garibaldi.

Il 22 maggio Garibaldi finge di volersi accampare ad Arona, sponda piemontese del Lago Maggiore, ma nella notte varca l’estuario su delle zattere e conquista Sesto Calende, sulla sponda lombarda, allora territorio austriaco.
Nella foto non si vede Garibaldi in alta uniforme ma mio nonno che, nella rievocazione storica del 1959 per il centenario dell’impresa, impersona un comandante garibaldino che, sciabola in pugno, si accinge ad attaccare il nemico.

Garibaldi

rievocazione 1959

Il 26 maggio i nostri prodi arrivano a Varese e ne cacciano gli Austriaci con l’appoggio di tutta la popolazione, quindi Garibaldi prosegue la sua marcia verso Como, dove il 28 maggio proclama l’annessione dell’intero territorio al Regno di Sardegna. Purtroppo, con pochi uomini, Garibaldi non riesce da solo a tenere tutta la zona conquistata e deve
ripiegare fin sulle sponde del Lago Maggiore, ma nella ritirata impegna parte delle forze austriache che, non fanno poi più in tempo a raggiungere i propri commilitoni come rinforzo ed evitare quindi la clamorosa sconfitta di Magenta, il famoso 2 giugno.

Garibaldi

Faruffini*, Battaglia di Varese, 1859

Ma per punire i Varesini del loro appoggio a Garibaldi, gli Austriaci ne bombardano il centro, prendendo di mira pure il campanile della basilica, reo di aver suonato le campane a festa pochi giorni prima a sostegno della rivolta. Garibaldi allora torna verso Varese il 1° giugno, e mentre si trovava sulla via del Robarello, nella zona collinare di Varese, lo raggiunse una richiesta di aiuto da parte dei Comaschi, timorosi di una rappresaglia come quella toccata a Varese. Nella foto i segni del bombardamento ancora presenti oggi sul campanile e sul tiburio della basilica di San Vittore.

campanile bombardato dagli Austriaci

Garibaldi subito parte per liberare Como per la seconda volta, ma noi ci fermiamo a Robarello perchè qui la storia si fa succosa: a portare il dispaccio dei Comaschi a Garibaldi è (proprio quasi come oggi, il primo giugno) la marchesina Giuseppina Raimondi, diciassettenne figlia di un nobile mazziniano di Fino Mornasco, appena fuori Como, che,
accompagnata da un sacerdote, riesce a passare indisturbata tra le truppe austriache nascondendo il dispaccio nel doppiofondo della sua carrozza.

E di lei il cinquantaduenne Garibaldi, già vedovo di Anita da una dozzina di anni, si innamora perdutamente, proprio lì, in quell’istante, mentre la invita a scendere dalla carrozza e a ritirarsi a parlare nell’osteria locale, lontana dalla confusione e dai soldati (e proprio quella locanda centouno anni dopo, trasformatasi in ristorante, accoglierà il pranzo di nozze dei miei genitori!).

locanda Robarello

Scrive il Nostro nelle sue memorie che la ragazza gli apparve come un angelo tutelare, “una coraggiosa e avvenente fanciulla, che mi comparve in legno sulla strada di Robarello a Varese come una visione.”
Una cosa tira l’altra e in nostro eroe comincia a frequentare assiduamente la casa della fanciulla: “Dopo un piccolo colloquio con lei e con suo padre, io scrissi ad essa, dipingendo esattamente la mia situazione: la mia età, la povertà mia, i legami che mi vincolavano ad altre donne, ed infine il mio naturale malinconico, non adeguato a giovine donna. Essa mi rispose di avere ponderato ogni cosa ed essere risoluta a quanto mi aveva manifestato. Allora io mi abbandonai interamente alla mia felicità, e dimenticai, accanto alla cara donna del mio cuore, tutte le miserie d’una vita fastidiosa!” E quando Giuseppina gli rivela di essere incinta, il 24 gennaio 1860 la sposa.

Garibaldi

manoscritto memorie

Ma, visto che la realtà supera sempre la fantasia, all’uscita dalla cappella di famiglia dove si è celebrato il rito, allo sposo viene consegnata una lettera dove gli si spiega che non solo il figlio molto probabilmente non è suo, ma che i padri alternativi sono addirittura due, essendo la sposina già vispa da anni. Secondo alcune fonti il messaggio è anonimo, per altri è firmato da uno degli amanti, che si vanta di aver giaciuto con Giuseppina anche la notte prima.

E l’eroe dei Due Mondi, dalle infinite battaglie e dalle incredibili avventure, quello che combatte anche se ferito ad una gamba, quello che crea il destino di una Nazione viene colpito al cuore da una ragazzina impudente, ed il segno gli rimane. Sembra avesse deciso, dopo anni di imprese, di ritirarsi a vita privata ma dolore ed orgoglio lo fanno
partire la sera stessa per Caprera e nei mesi successivi riprendere l’organizzazione della Spedizione dei Mille. Qualcuno ringrazia il Cielo per questo scandalo, perché la storia d’Italia altrimenti non sarebbe forse andata così spedita verso l’unità.

Giuseppina Raimondi

E’ invece più amaro il pensiero che tormenta Giuseppina la quale, dopo cinquant’anni di silenzio in merito alla vicenda, dichiarerà che “Vi erano coloro, e non erano pochi, che sfruttavano sistematicamente la generosità di Garibaldi e che dovevano temere che, coll’avvento di una donna come la Giuseppina, l’epoca della loro condotta indiscreta sarebbe finita. Qual meraviglia […]che tali interessi si siano coalizzati contro la fanciulla, che involontariamente li rovinava, e siano stati pronti a torla di mezzo, sfruttando abilmente quel pochissimo che vi era di vero nel cumulo dei pettegolezzi, che non manca mai di formarsi a carico di una donna, giovane, ricca, non brutta e non ipocrita? Il colpo di scena della rivelazione fu architettato per spingere il Generale verso lo scandalo, verso
l’irreparabile. Fate che la rivelazione fosse arrivata qualche ora prima del matrimonio e l’accusata avrebbe avuto agio di giustificarsi.”

Garibaldi deve attendere fino al 1880 per ottenere l’agognato annullamento del matrimonio ma, dopo la prima reazione a caldo di accuse e di ripudio verso la sua “sposa per un’ora”, non dichiara ne’ scrive mai nulla di negativo sulla ragazza. Magari è semplice cavalleria, oppure odio per essere stato umiliato, ma forse è solo perché anche lui si rende conto che, sempre che il contenuto della lettera fosse vero, avrebbero potuto avvertirlo prima senza strumentalizzare la vicenda creando un tatticissimo scandalo politico.

Oggi, per un ritratto anche gastronomico di Garibaldi, non prepariamo uno di quei piatti famosissimi che nel mondo gli hanno dedicato ne’ una specialità di qualche località strategica da lui conquistata o di qualche Paese esotico in cui si dimostrò un eroe. Come testimoniano gli scritti della figlia Clelia, infatti, il padre amava la cucina semplice, i
formaggi delle sue greggi di Caprera sbocconcellati con fave ed olive, i minestroni alla genovese e lo stoccafisso della sua gioventù ligure, le grigliate di carne alla sudamericana e le bouillabaisse alla francese, beveva mate e non vino ed era particolarmente goloso di ricci di mare, di gamberi… e di orzata!

Per sapere invece cosa preferiva mangiare l’altro padre del Risorgimento Giuseppe Mazzini c’è un approfondimento a parte , ma per Garibaldi, dunque, niente di elaborato: gli offriamo oggi una pietanza da osteria, quella che probabilmente consumò in quel momento perfetto, quel primo di giugno 1859 in una locanda varesina sulla strada per la gloria, quando si fermava a parlare con calma con una giovane donna, e continuava a guardarla, e se ne
innamorava.

A inizio giugno la süpa da verdüra, cibo praticamente quotidiano in tutte le osterie e case dei dintorni, aveva dagli orti fagioli freschi, zucchine e cipolle novelle, oltre alle classiche patate, e magari qualche foglia di lattuga, cicoria o altra insalata verde. Niente pomodori, che in zona arrivano a inizio ‘900 insieme agli agrumi ed alla pasta secca.

La zuppa veniva cotta lentamente per almeno 3 ore ed era insaporita con ul pest, l’onnipresente battuto locale di lardo aglio e prezzemolo (non per niente il tagliere in dialetto si chiama as du lard, asse del lardo, ed il coltellaccio grosso pestalard, pestalardo). In inverno, quando le verdure fresche scarseggiavano, si preparava con fagioli secchi, patate e verze e la si serviva nelle scodelle, che tenute in mano avevano anche la funzione di scaldino. Nella bella stagione invece la si lasciava intiepidire nelle ciotole sulla tavola, in attesa che gli uomini rientrassero dal lavoro.

Servita a strati con fette di pane duro (il pan giald, pane giallo, che non era di mais ma di segale o crusca, un pane povero che si cuoceva nei forni al giovedì) alternate ad un poco di formaggio vecchio grattugiato, se c’era, costituiva la süpa vera e propria, mentre diventava un minestrun se il brodo era inspessito con un pugnetto di riso.

Oggi siamo coerenti e ricostruiamo il piatto con il riso… visto che il primo giugno 1859 cadeva mercoledì quindi di certo il pan gialt era oramai finito! E, neanche a farlo apposta, il riso bianco insieme a carote e zucchine ci regala pure un piatto tricolore. Chissà se proprio per questo potrebbe piacere davvero a Garibaldi o se alla minestra con il pest
varesino di lardo preferirebbe comunque il suo amato minestrone genovese con il pesto di basilico…

Garibaldi
MINESTRA DI VERDURA VARESINA
per Garibaldi innamorato

per 4 persone

1 pugno a testa di riso Padano o Originario (circa 80-100 g in tutto)
2 patate
400 g di fagioli freschi (circa 150 g peso da sgranati)
1 mazzetto di cicoria, bieta o altra verdura a foglie
3 zucchine
2 cipolle novelle
2 carote
1 gambo di sedano
1 spicchio di aglio
1 ciuffo di prezzemolo
100 g di lardo
10 g di burro
sale
formaggio vecchio, tipo grana o lodigiano, grattugiato

Pestate il lardo al coltello insieme ad aglio e prezzemolo. Sbucciate le verdure e tagliatele a pezzetti. Affettate sottile le cipolle e sgranate i fagioli.

In una pentola capace, meglio se di terracotta, rosolate a fuoco dolce il pesto di lardo con il burro e la cipolla per una decina di minuti, fino a quando è tutto morbido e biondo.

Unite tutte le altre verdure, fate insaporire un paio di minuti quindi coprite di acqua calda e, dal bollore, cuocete coperto a fuoco basso, in teoria per almeno 3 ore, ma oggi sappiamo che è meglio circa 30 minuti.

Schiacciate un po’ di patate e fagioli con il mestolo sul bordo della pentola in modo che addensino il brodo, salare e versare il riso nella pentola, poi cuocete per circa 10 minuti.

Versate la minestra in tazze individuali, unitevi un’abbondante spolverata di formaggio, mescolate bene e lasciate riposare almeno una quindicina di minuti (ma anche un’oretta) prima di servire, in modo che il formaggio si amalgami e la minestra si intiepidisca e si addensi ulteriormente.

E’ con il tempo del riposo che la pietanza assume la sua vera identità di specialità estiva bella ricca di verdure e sapori; lo stesso tempo che serve ai contadini per lavarsi con la secchia del pozzo in cortile prima di sedersi a tavola… e agli innamorati per perdersi occhi negli occhi sotto il pergolato di una locanda di collina.

Roberello primi 900

Annalena De Bortoli

 

Bibliografia:

Giacomo Emilio Curatolo, Garibaldi e le donne, Imprimerie Polyglotte, Roma,1913.
Giuseppe Della Valle, Varese Garibaldi e Urban nel 1859, 1863, (qui edizione Anpi 1959)
Clelia Garibaldi, Mio padre, (prima edizione Vallecchi, 1948), Erasmo, 2008, ISBN 978-
8889530146
Anonimo, La vera cucina lombarda senza pretese, ridotta all’ultimo gusto, Gurioni, Milano,
1890 (ristampa: Armnaldo forni, 1991,
Anselmo Carabelli, Mangià e Tradiziun del Varesotto, Macchione, Varese, 2008, ISBN
978-88-8340-413-9

Fonti iconografiche:

Foto copertina Tricolore
1. Giuseppe Garibaldi
2. Foto rievocazione storica:
3. Federico Faruffini, La Battaglia di Varese, 1859  (* Enrico Cairoli, garibaldino varesino che perì in quella stessa battaglia, aveva poco prima commissionato al pittore un dipinto patriottico, così l’artista decise di immortalare
proprio quell’eroico episodio in onore del suo mecenate)
4. Foto campanile di Varese:
5. Foto antica Robarello
6. Copertina del manoscritto delle memorie autografe
7. Giuseppina Raimondi:
http://museodelrisorgimento.provincia.lucca.it/accadde/giuseppina-raimondi-sposa-
garibaldi-per-unora/

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