Scrittore, critico letterario, gastronomo, amante della cucina e dell’Italia; a lui, a Pellegrino Artusi da Forlimpopoli, dedichiamo questa giornata. Il suo testo più noto “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” è considerato il “Vangelo della cucina italiana” ed ha riscosso talmente successo anche all’estero da essere stato tradotto anche in inglese, olandese, portoghese, spagnolo, tedesco e francese.
I primi libri dopo averli stampati a sue spese, inizio a venderli per corrispondenza, da allora “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, che venne pubblicata per la prima volta nel 1891 ci ha tramandato oltre alle 790 ricette anche il gusto di mangare bene e di cucinare con passione. Non solo ricette ma anche piccoli consigli utili per prepararle e per scegliere l’ingrediente giusto.
Ecco quindi un semplice menù di cui riportiamo le ricette originali di Pellegrino Artusi
RISOTTO COLLE TELLINE ric.72
di Bianca Berti
Noto questo risotto nelle proporzioni che è stato fatto più volte nella mia cucina, e cioè:
Telline col guscio, chilogrammi 1,350
Riso, grammi 500.
Per levare la sabbia che le telline racchiudono, lavatele prima, poi ponetele in acqua fresca salata, o meglio, acqua di mare, in un catino con un piatto rovesciato sotto alle medesime, e dopo due ore almeno, levatele asciutte e mettetele al fuoco con acqua in proporzione del riso da cuocere. Quando saranno aperte, levatene i gusci e serbate l’acqua, ma badate che in fondo alla medesima si sarà formata una qualche posatura di sabbia che va gettata via.
Fate un soffritto con olio, aglio, poca cipolla, prezzemolo, carota e sedano, il tutto tritato finissimo colla lunetta, e quando sarà rosolato bene, gettatevi le telline tolte dal guscio, qualche pezzetto di funghi secchi rinvenuti, una presa di pepe e un po’ di quell’acqua serbata. Dopo qualche minuto gettate il riso in questo intingolo e tiratelo a cottura soda col resto dell’acqua suddetta. Assaggiatelo se sta bene di sapore col solo sale naturale delle telline e dei condimenti datigli; se non fosse così, aggiungeteglielo con sugo di pomodoro o conserva, ed anche con un pezzetto di burro e un pizzico di parmigiano.
Alle telline si possono sostituire le arselle o i peocci (cozze nere, muscoli) come a Venezia, nelle cui trattorie se il riso co’ peocci (specialità del paese) fosse cucinato in questa maniera, sarebbe assai più gradito. Per conservare alcun poco i molluschi a conchiglia bivalve, vanno tenuti in luogo fresco, legati assai stretti in un sacchetto o in un canovaccio. D’inverno ho così conservate fresche le telline fino a sei giorni, ma non è da azzardare perché i molluschi riescono molto indigesti se non sono freschi.
TONNO IN GRATELLA ric.474
di Bianca Berti
Il tonno, pesce della famiglia degli sgombri, è proprio del bacino mediterraneo. In certe stagioni abita le parti più profonde del mare, in altre invece si accosta alle spiagge, ove ha luogo la pesca che riesce abbondantissima. La sua carne, per l’oleosità che contiene, rammenta quella del maiale, e perciò non è di facile digestione. Si vuole che si trovino dei tonni il cui peso raggiunga fino i 500 chilogrammi. La parte più tenera e delicata di questo pesce è la pancia, che in Toscana chiamasi sorra.
Tagliatelo a fette grosse mezzo dito, ma preferite la sorra; conditelo con olio, sale e pepe, involgetelo nel pangrattato e cuocetelo, servendolo con spicchi di limone.
BIANCOMANGIARE ric.681
di Bianca Berti
Mandorle dolci con tre amare, grammi 150
Zucchero in polvere, grammi 150
Colla di pesce in fogli, grammi 20
Panna, o fior di latte, mezzo bicchiere a buona misura
Acqua, un bicchiere e mezzo
Acqua di fior d’arancio, due cucchiaiate
Prima preparate la colla di pesce ed è cosa semplice; pigiatela colle dita in fondo a un bicchiere, e coperta di acqua, lasciatela stare onde abbia tempo di rammollire, e quando ve ne servirete, gettate via l’acqua e lavatela. Sbucciate e pestate le mandorle in un mortaio, bagnandole di quando in quando con un cucchiaino d’acqua, e quando le avrete ridotte finissime, diluitele con l’acqua suddetta e passatele da un canovaccio forte e rado, procurando di estrarne tutta la sostanza. A tal punto, preparate uno stampo qualunque della capacità conveniente; poi mettete al fuoco in una cazzaruola il latte delle mandorle, la panna, lo zucchero, la colla, l’acqua di fior di arancio; mescolate il tutto e fatelo bollire per qualche minuto. Ritiratelo dal fuoco e quando avrà perduto il calore, versatelo nello stampo immerso nell’acqua fresca o nel ghiaccio. Per isformarlo basta passare attorno allo stampo un cencio bagnato nell’acqua bollente.
La bollitura è necessaria onde la colla di pesce si incorpori col resto; altrimenti c’è il caso di vederla precipitare in fondo allo stampo.