È Il Timballo di maccheroni il piatto ricco delle feste e delle grandi occasioni che per secoli ha dominato le tavole siciliane.
“un miracolo della cucina siciliana, che unisce i profumi e le culture di quella terra, accostando consistenze diverse, dolce e salato” come lo definisce lo chef Carlo Cracco
E’ Tomasi di Lampedusa, nel Gattopardo, che ci descrive incantato, l’arrivo in tavola del timballo di maccheroni:
“ … l’aspetto di quei monumentali pasticci era ben degno di evocare fremiti di ammirazione. L’oro brunito dell’involucro, la fragranza di zucchero e di cannella che ne emanava, non era che il preludio della sensazione di delizia che si sprigionava dall’interno quando squarciava la crosta: ne erompeva dapprima un fumo carico di aromi e si scorgevano poi i fegatini di pollo, gli ovetti duri, le sfilettature di prosciutto, di pollo e di tartufi nella massa untuosa, caldissima dei maccheroncini corti, cui l’estratto di carne conferiva un prezioso color camoscio”.
Il timballo richiede tantissimi passaggi dalla frolla esterna con un pizzico di cannella, alla la crema pasticcera anch’essa con cannella, le piccole polpettine di vitello, la farcia composta di ragù di vitello, salsiccia, funghi secchi, prosciutto cotto, frattaglie e piselli.
La ricetta siciliana del 1860, che trovate nell’articolo dello scorso anno, è quella che più si avvicina alla descrizione fatta da Tomasi di Lampedusa
Foto copertina di Patrizia Malomo