La cotoletta alla milanese con il risotto allo zafferano e il panettone, è simbolo gastronomico della città meneghina.
Capita spesso di sentire grandi dibattiti sull’origine e sui metodi di preparazione della costoletta o cotoletta alla milanese. Il termine italiano pare derivi dal francese “côte o côttelette”, ma potrebbe assomigliare alla parola dialettale lombarda (cutelèta) perché la carne si ottiene utilizzando il carré di vitello, un taglio che comprende la parte dorsale da cui si ricavano le costolette e i nodini.
L’annoso dibattito è se sia nata prima la cotoletta alla milanese o la cotoletta viennese, la Wienerschnitzel.
Posto che i milanesi doc sono da cercare ormai col lanternino, ognuno di loro vi direbbe che è solo questione di somiglianza. La cotoletta austriaca è solitamente una fettina sottile ricavata dalla carne di maiale e da vari tagli, passata nella farina, nell’uovo sbattuto e nel pane grattugiato e poi fritta prevalentemente nello strutto, la costoletta milanese invece viene ricavata appunto dalla lombata di vitello, non va battuta e deve essere alta quanto l’osso che, condizione indispensabile, deve essere lasciato, viene poi passata nell’uovo sbattuto e nel pane grattugiato, quindi fritta rigorosamente nel burro.
Alcuni studiosi citano l’esistenza di una lettera del feldmaresciallo Radetzky indirizzata al suo aiutante di campo, conte Attems, nella quale, tra l’altro, invia descrizioni dettagliate sulla costoletta milanese parlandone come di una scoperta, e affermando di non aver mai mangiato una simile pietanza in Austria. L’ammissione del feldmaresciallo viene accolta come il riconoscimento dell’identità culturale dei milanesi e a questo punto l’Austria non può vantare la primogenitura della costoletta alla milanese perché già esistente in Lombardia ancor prima di Radetzky.
E’ in discussione anche il racconto di Pietro Verri che la colloca nella lista di vivande di un pranzo offerto nel 1134 per la festa di S.Satiro da un abate canonico di Sant’Ambrogio in mezzo a nove portate fra cui “lombolos cum panitio” ma pare accertato che il termine “panitio” si riferisse a una specie di polenta di cereali.
La impanatura della carne ha comunque storia antica, Maestro Martino, nel suo manoscritto Libro del arte Coquinaria della metà del XV secolo, detta precise indicazione sul metodo migliore per ottenere una carne ben impanata, fritta e dorata e anche il cuoco rinascimentale italiano, Bartolomeo Scappi, nel suo testo Opera, cita una ricetta su come friggere la carne impanata:
“Per cucinar la punta del petto, cioè il collo del bove, over vaccina in diversi modi. Trovo che la punta del petto d’ognun delli detti animali quando son grassi, e grossi, hanno il collo, cioe il grasso sodo nella detta punta nel modo che l’ha il porco cinghiale, e tira alquanto al giallo, e allessata che sarà la punta con acqua, e sale, in modo che sia ben cotta, si caverà dal brodo e lasciandola raffreddare e poi con un coltello sottile, si taglierà quel collo che sta in cima della punta, in fettoline di una grossezza di una costa di coltello, infarinandole col fior di farina, ovvero indorandole con rossi d’ova sbattute, e frigendole con lo strutto, fritte che saranno cosi calde vogliono essere servite con sugo di melangole, zuccaro, cannella sopra”
Per tagliare la testa al toro e cercare di dirimere la questione, il 17 marzo 2008, il Comune di Milano conferma il nome di “costoletta alla milanese” redigendo un disciplinare che sancisce le regole per la preparazione dell’autentica costoletta alla Milanese, che deve corrispondere alle caratteristiche certificate dai documenti storici, e ne appone il De.Co. di Milano, prodotto a Denominazione Comunale di Origine.
Ogni dubbio però si scioglie quando si assaggia la vera cotoletta alla milanese, croccante fuori e morbida dentro, e nessuna imitazione regge più il confronto.
Le regole per una cotoletta perfetta sono poche e semplici:
Attenzione al taglio di carne. Va preparata esclusivamente con la costoletta di vitello alla quale va lasciato l’osso che le regala un tocco di sapore in più, oltre che a servire da “manico” se la si vuole rosicchiare. Solamente le prime 6 costolette della lombata di vitello sono adatte alla preparazione, perché non sono né troppo grasse, né troppo magre. Non deve essere mai troppo sottile, le fette devono essere abbastanza spesse, alcuni indicano almeno 3 cm. e non va battuta, se non leggermente, per non alterarne le fibre, l’unico accorgimento è quello di incidere i bordi in due o tre punti per evitare che si arricci in cottura.
L’impanatura deve essere semplice e accurata. Basteranno uova e pangrattato, lasciate perdere farina, sale e quant’altro. Si sala dopo. Meglio usare del pane secco grattugiato in casa, avrà tutto un altro sapore rispetto a quello già pronto. Meglio evitare di panarla due volte, il sapore del pane prevarrebbe.
Attenzione alla frittura. Un buon risultato si gioca tutto con la frittura che va fatta assolutamente e rigorosamente nel burro, l’unico in grado di dare alla carne quel gusto particolare che la rende unica. Ideale allo scopo è il burro chiarificato, ottenuto fondendo il burro ed eliminando acqua e proteine del latte, il quale ha un punto di fumo superiore rispetto al burro tal quale. Perfetto quindi per rosolare la cotoletta, senza bruciare. Una volta pronta, consumatela caldissima salando e, a piacere, spruzzandola con l’immancabile spicchio di limone.
Una vera prelibatezza tutta lombarda, la cotoletta alla milanese, famosa e imitata in tutto il mondo.
Cotoletta alla milanese
- 4 costolette di vitello tagliate alte quanto l’osso
- 100 g di burro
- 2 uova
- 200 g di pane grattugiato
- sale
- 1 limone
Incidete la pelle esterna delle cotolette perché non si rialzino in cottura e appiattitele battendole leggermente.
Con la forchetta sbattete le uova in un piatto fondo, quindi immergete una alla volta le cotolette in modo che ognuna sia bene inumidita nell’uovo e poi impanatele immediatamente passandole nel pane grattugiato grosso, premendo con forza con il palmo della mano per fare in modo che aderisca perfettamente.
In una capace padella fate spumeggiare il burro a fuoco vivace quindi cuocete le costolette una ad una 8 minuti per lato fino a quando non risulteranno ben dorate, toglietele dalla padella e adagiatele in un piatto da portata ricoperto di carta assorbente, salatele e guarnitele con spicchi di limone. Ottime mangiate caldissime, ma buone anche gustate fredde.
Articolo e ricetta di Giuliana Fabris
Foto di Tamara Giorgetti