Intorno ai primi anni ’20 Luigi D’Amico, decise di dare una svolta all’attività di famiglia, fino ad allora dedicata al commercio di prodotti alimentari vari, virando verso la pasticceria da un lato e l’esercizio pubblico dall’altro. Infatti si dedicò alla produzione di quello che diventerà il tipico dolce locale, tanto famoso da attribuirglisi il merito della nomina di Pescara come capoluogo di provincia: il Parrozzo. Da qui ad aprire un caffè letterario, denominato “Il ritrovo del Parrozzo”, proprio affianco al laboratorio di famiglia fu una logica conseguenza. Il locale si trasformò ben presto in un ritrovo per gli intellettuali e artisti dell’epoca.
Il Parrozzo nasce dall’ispirazione che ebbe D’Amico nel realizzare la versione “dolce” di un pane rustico consumato dai pastori abruzzesi, il “pan rozzo“. Un pane povero dalla forma semi sferica, realizzato con farina di mais (la farina di grano era riservata alla tavola dei signori) e cotto nel forno a legna. Per renderlo visivamente il più simile al modello originale, D’Amico preparò il dolce con uova, per rendere il colore del granoturco, farina di mandorle che conferiva la ruvidezza del pane e una copertura di finissimo cioccolato per rappresentare la tipica bruciacchiatura in superficie della cottura nel forno a legna.
Ebbe un’intuizione, considerando anche un po’ quella che potremmo chiamare “moda del periodo” ovvero chiedere ad un personaggio illustre di promuovere i propri prodotti, e si rivolse ad un amico di infanzia, il celeberrimo scrittore, poeta, drammaturgo, militare, politico, giornalista e patriota italiano Gabriele D’Annunzio. D’Amico conosceva molto bene la forte nostalgia che D’Annunzio soffriva nel vivere lontano dalla madre e dalla proprio terra di origine. E facendogli dono di questo dolce colpì nel segno, risvegliando i ricordi della giovinezza del poeta.
Scrive D’Amico nella lettera di accompagnamento all’invio del Parrozzo: “Illustre Maestro questo Parrozzo – il Pan Rozzo d’Abruzzo – vi viene da me offerto con un piccolo nome legato alla vostra e mia giovinezza … ho voluto unire queste due offerte – il ricordo e … il dolce – perché conosco il valore di certi ricordi per l’anima vostra”.
La risposta di D’Annunzio non si fece attendere: “È tante ‘bbone stu parrozze nove che pare na pazzie de San Ciattè, c’avesse messe a su gran forne tè la terre lavorata da lu bbove, la terre grasse e lustre che se coce… e che dovente a poche a poche chiù doce de qualunque cosa doce…”.
D’Annunzio rimase molto colpito non solo dalla lettera, ma soprattutto dalla bontà del dolce. Si sentì onorato di diventare il suo promulgatore e, da quel momento divenne il suo più grande promotore e consumatore. Infatti il Vate continuò a ricevere una scorta personale di Parrozzi per il resto della sua vita. Ne consumava una grande quantità e ne ordinava altrettanti da regalare durante le feste natalizie agli amici. Anche nel suo ultimo Natale, D’Annunzio non rinunciò ad assaporare il dolce che tanto lo legava alla sua terra “E’ finita la vigilia. Forse a quest’ora la gente è in gozzoviglia. Io sono a digiuno da 48 ore. Vado a cercare un parrozzetto. Lo apro, lo mangio. Assaporo in esso, sotto la specie dell’amarezza, il Natale d’Infanzia”.
Al Parrozzo venne dedicato un raro e raffinato opuscolo stampato a Pescara a cura di uno stampatore d’arte e intitolato La casa del poeta, contenete lettere dannunziane, foto e altro materiale legato al rapporto fra D’Annunzio e il Parrozzo.
Oltre al poeta altri artisti contribuirono alla nascita di questo nuovo Dolce: Luigi Antonelli, commediografo e critico d’arte che scrisse la Storia del Parrozzo; Armando Cermignani, ceramista insigne che realizzò i disegni ed i colori della scatola; il Maestro Di Iorio che musicò e l’umanista Cesare De Titta che scrisse la “Canzone del Parrozzo”; Tommaso Cascella che dipinse i quadri che adornano le sale del Ritrovo del Parrozzo.
Inoltre il Parrozzo ha ottenuto il riconoscimento di Prodotto Alimentare Tradizionale della regione Abruzzo, nella tipologia “Paste fresche e prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria, e della confetteria” ed è prevalentemente preparato, come da tradizione, durante le festività, in particolare quelle natalizie.
Ingredienti:
6 uova
200 g di zucchero
150 g di semolino
200 g di mandorle dolci tritate
4-5 mandorle armelline (amare) tritate
2 cucchiai di Aurum (tipico liquore pescarese) o Amaretto di Saronno
Scorza grattugiata di arancia o limone non trattati
60 ml di olio extravergine
Per la glassa:
200 g di cioccolato fondente 60%
30 g di burro
Preparazione
Separate i tuorli dagli albumi. Montate i tuorli con lo zucchero fino ad ottenere un composto chiaro e spumoso. Unite il semolino, le mandorle, la buccia grattugiata dell’agrume, l’olio e il liquore. Mescolate fino ad amalgamare il tutto. Montate gli albumi a neve ben ferma e uniteli all’impasto, incorporandoli delicatamente con movimenti dal basso verso l’alto, per non smontare il composto.
Imburrate e infarinate uno stampo da zuccotto di circa 18-20cm di diametro, versate l’impasto e cuocete in forno caldo a 160° per 40-45 minuti circa.
Il dolce sarà cotto quando inserendo uno stecchino al centro ne uscirà asciutto.
Sfornate, lasciate il dolce nella teglia per una decina di minuti e poi sformatelo su una gratella. Fate raffreddare.
Una volta pronto, preparate la glassa facendo sciogliere burro e cioccolato a bagnomaria. Spalmate la superficie del parrozzo, che non deve risultare liscia ma grossolana, dando così l’aspetto rustico tipico del dolce.
Testi a cura di Ilaria Talimani
Credits fotografici: Ilaria Talimani, Patrizia Malomo, http://www.luigidamicopescara.it/
1 Comments
Giulia Pignatelli
1 Marzo 2018 at 16:04
Molto interessante! E molto buono il parrozzo 😉
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