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Chef del Grand Hotel Royal e Golf di Courmayeur, cresciuto nelle cucine stellate prima al Piccolo Lago di Mario Sacco, poi  al Restaurant di Serge Vieira, tra i finalisti del Bocuse d’Or Italia, simpatico, geniale, dinamico, travolgente, Paolo Griffa, l’enfant prodige  della cucina italiana si racconta al Calendario del Cibo Italiano.

L’abbiamo incontrato all’Ambasciata del Gusto, in una splendida domenica ottobre nel luminoso giardino del Chiostro dell’ex convento dell’Annunciata nell’ambito del progetto Ticino on my mind organizzato dall’Associazione Maestro Martino, ci ha parlato di sé, e del suo lavoro  nel suo particolarissimo modo, insieme pacato e vulcanico, come le sue creazioni

 

Ci parli del Boomb-Bolone?

È nato perché a me piace divertirmi, giocare con giochi di parole, la pasticceria rimane comunque la mia grande passione. Dovevo portare un dolce al Salon du chocolat, c’era già anche la banana splash, però non volevamo riproporre lo stesso  dolce. Nel pensare a cosa fare è venuta fuori l’idea di qualcosa  di esplosivo, da li il gioco di parole Boomb-Bolone.  Quindi partendo da una base che è una pasta lievitata cotta in una forma sferica viene poi farcita come se fosse un tiramisù alla nocciole e cioccolato, rimane questa pasta lievitata inzuppata in un caffé alle nocciola, quindi caffè e pasta di nocciole con dentro nocciole caramellate e una crema al mascarpone e vaniglia per riprendere proprio il tiramisù, tutto immerso nel gianduia e quindi in una glassa al cioccolato bianco per conferire quest’effetto brillante. Poi, sopra, visto che era molto carico come gusto aveva bisogno di un sorbetto, questo fatto di fior di latte, quindi gusto latte,  fresco, una salsa al caffè e nocciola per richiamare l’interno e per il momento era tutto morbido comunque e allora un crumble al cioccolato. La miccia era fatta o con cioccolato plastico e zucchero effervescente che lo mangiavi e scoppiettava in bocca oppure per lo show proprio con una miccia vera

Questo è quello di due Salon  du chocolat fa?

No è dello scorso, quello di due Salon  du chocolat fa era il budino di sanguinaccio, una ganache fatta con sangue di maiale  perché in realtà il sangue di maiale è uguale all’albume, contiene la stessa quantità di albumina e tranne il pregiudizio ideologico che si può avere,  chimicamente è identico montare una ganache con il sangue. Che in realtà i dolci  al sanguinaccio esistono da sempre sposare sanguinaccio e cioccolato non è nulla di strano non è nulla di strano e abbiamo fatta questa ganache che era molto buona, cremosa. Da li ho fatto anche il dolce con arachidi lamponi e cioccolato bianco.

Anche i cioccolatini …

Si, anche i cioccolatini, invece del Boom – Bolone  ho fatto dei bomboloni piccoli. Ho fatto delle bombe piccole fatte come se fosse un tartufino alla gianduia dove dentro mettevo il peta zeta,  lo zucchero effervescente, a un certo punto quando lo metti in bocca il peta zeta entra a contatto con la saliva  inizia a scoppiettare. Ho detto zitti tutti un secondo, in sala si sentiva tutto uno scoppiettio.

Ti sarai divertito moltissimo

È stato divertentissimo perché 200 persone in un colpo solo con in bocca qualcosa che scoppietta non se lo aspettavano neanche loro. Non aspettavo altro perché sapevo già che non lo mangiavano tutti insieme e quindi che bisognava aspettare il giusto momento per avere quel risultato. Ad un certo punto si sentiva un sottofondo scoppiettante. L’abbiamo presa anche noi per come è  in fondo, un divertimento.             In fondo è un momento di creatività massima. In realtà il commensale è nostro complice nel ideare tutta la serata e tutto quanto, in questo  caso un evento è  interazione col pubblico così lo puoi vivere, è dinamico

L’interazione col pubblico, con il commensale, con il cliente, in un ristorante come  è ?

Guarda esistono diversi modi ci sono sia i servizi cosiddetti classici dove il cameriere  che è distaccato, che fa vedere la sua figura. Comunque che è importantissima la figura del cameriere in un ristorante perché i camerieri aiutano tutti noi a tenere l’ambiente. Ci può essere l’iterazione del cuoco qualora sia in grado, se di bella presenza,  se ha savoir faire, che  normalmente è proprio dei maitre e dei camerieri dove può andare a terminare il piatto a tavola. A me piace anche questa versione che è molto nordica, cioè  vedere il cameriere che esce con la pentola e ti finisce di impiattare il piatto a tavola non è nostra come cultura, è ancora più bello, a me piace ma va calibrata nel giusto modo. La figura cameriere sta per scomparire è questa è una cosa atroce, perché noi non possiamo andare a soddisfare il cliente  a 360°,  noi ci occupiamo di cucina e pasticceria, potremmo avere tutte le conoscenze del mondo ma gestire un cliente, i ritmi di cui ha bisogno lo scandire del servizio, per quanto abbiamo dei maitre strepitosi che devono tornare in carica ad avere la giusta valenza perché sanno consigliarti il vino sanno vedere in base alla serata se hai bisogno andare più veloce a mangiare, se hai bisogno dei tuoi tempi se la serata è romantica se è di lavoro e loro gestiscono il tempo al ristorante, quindi il tempo come lo stai vivendo come lo stai fruendo e ci impongono tra virgolette a noi in cucina le giuste tempistiche per avere un servizio a 360° corretto. Quindi noi possiamo noi possiamo aiutarli, possiamo entrare nel loro lavoro, però il loro lavoro,  e poi comunque quando vedi un cameriere con eleganza ti sporziona qualcosa a tavola, come da vecchia scuola è bellissimo. Quando lo trovo è bellissimo da vedere. Proprio uno spettacolo  se è fatto bene perché non ce ne sono tanti. Cioè diventa  una chicca quindi fa piacere

Quindi se tu dovessi avere un tuo ristorante come vorresti avere un servizio  così?

Il giusto bilanciamento, cioè informale, da non farti pesare di essere al ristorante, da non farti pesare che lui ti fa sporzionare e quant’altro  pero si, una tantum,  non tutto il servizio così ma un pezzo durante il servizio si ci sta poi da una professionalità, un savoir faire della persona, mette in valore la persona in sé, in quello che sta facendo, quindi si  la preparazione, si il cuoco che l’ha preparato ma quello che te lo sta servendo …

Cucina a vista?

Si e no, è un po strana come cosa fa un po acquario perché tu te li vedi che cucinano lì dietro, va di moda è bello perché avvicina le persone a voler vedere cosa accade dietro. è bello vedere intanto la pulizia, l’ordine,  il rigore  che c’è dietro   però non deve essere ostentato. Nel senso, tra virgolette ti devi un pò fidare di quello che accade in cucina Dietro ci deve essere tutto il rigore di questo mondo, tutte le norme igieniche, deve essere fatto bene con professionalità, rispetto tra le persone. È bello da vedere, nel senso che anche a me piace vedere … ma ci vuole io giusto equilibrio Se il motivo è espresso,  se il ristorante una cucina dentro la sala o come era Piccolo Lago una  vetrina sopra  ha un motivo e va dato un valore. Però anche la cucina aperta dove puoi fare un passaggio, una visita in cucina, e vedere come lavorano è bello perché ti fa vedere come lavori però anche li vai al ristorante perché, vai al ristorante per vederti uno show o vai al ristorante per viverti i piatti l’esperienza perché se sta li a fissare i cuochi non ti guardi lo spettacolo che c’è li. Magari lì c’è una terrazza strepitosa o una vista incredibile e guardi i cuochi è un peccato io sono andato in un ristorante per vivermi la serata. Quindi da un lato preferirei che non focalizzi troppo l’attenzione dei commensali.

Dicevi che ti piace molto divertirti in cucina nel dolce l’abbiamo visto ma nel salato

Anche, l’airbag per  esempio è un pane soffiato farcito dentro di insalate, tutte insalate di campo che noi andavamo a raccogliere e all’interno c’erano dei carpioni fatti con pesce di lago. Questo airbag era questa palla fragilissima riempita come se fosse farcita, noi arrivavamo a tavola e la gente ci guardava stupita perché era una palla grossa così e non sapevano come mangiarla. Abbiamo risolto il problema. Cioè noi arrivavamo con un sasso dietro e lanciavamo il sasso sulla palla e scoppiava. Era fatto tutto rapidamente, i camerieri arrivavano appoggiavano il piatto, lo spiegavano, tu lo fissavi,  e ora come lo mangio? e noi eravamo subito dietro col sasso.

Questo al Piccolo Lago?

Si al Piccolo Lago. Lì è dove proprio Marco mi ha lasciato libertà di azione e movimento in tutto. Oppure c’era il lungolago che era praticamente una passeggiata nel lago. Uscivamo con un vassoio enorme. Prendeva tutto il tavolo. dove andavamo a ricreare un ambientazione di lago,  quindi rocce, sassi, alberi, così  … pietre calde, pietre fredde, c’erano contenitori nascosti ovunque. Tipo poggiavamo i carpacci sopra le pietre calde …  non era importante poi se non mangiavi tutto era per vivere un’esperienza di lago.

Oppure poteva essere ostrica carbone, la trota impacchettata, la trota perduta nel bosco dove la trota  era avvolta in una foglia di vite fatta cuocere a vapore, quindi la purezza più assoluta. Facevamo scaldare un piatto a vapore dove dentro c’erano delle pigne, dei muschi, c’erano tutti questi elementi aromatici. Quindi la trota prendeva tutti quegli aromi, tutti quei profumi pur rimanendo avvolta nella  sua foglia,  rimaneva naturale era servita con la cloche che quindi quando tu l’andavi a servire ti veniva su quest’esplosione di bosco e la purezza della trota.

Come ti vengono le idee?

Non lo so, può essere tutto, può essere niente, può essere una passeggiata, può essere andare a vedere una mostra, può essere una pubblicità, può essere fare la spesa, può essere fare shopping, può essere al supermercato … disegno di solito … ci deve essere un motivo o un prodotto che voglio utilizzare assolutamente un pesce  o una verdura allora ci lavoro dietro oppure ho un’idea di impiattamento e ci lavoro dietro su che gusto deve avere, oppure c’è una forma che mi interessa.

Airbag ad esempio è stato … mi piaceva la panificazione quindi l’idea di fare questi pani soffiati, quindi mi allenavo a fare questi pani soffiati che poi in realtà questi pani  si fanno soffiati poi si fanno sgonfiare quindi diventa come il chapati, il carasau era una focaccia, una sfoglia. Quindi una sorta si schiacciata, da qui facciamolo grosso era un qualcosa nata dalla sfida di realizzare una forma tecnicamente difficile da riprodurre, una sfera.

Poi ad esempio banana splash è stato il gioco di parole banana split … banana splash oppure bombolone è un gioco di parole è nata anche da li, oppure caccia al tesoro è stata dal voler avere sullo stesso piatto diversi gusti e che il dolce non fosse monotono. E nata da una frangipane, la frangipane è una buonissima torta, solo che mangi una fetta e basta è monotona e quindi fare una frangipane che nello stesso piatto avesse una decina di gusti diversi era interessante era il gioco caccia al tesoro era il gioco vari gusti differenti dello stesso piatto.

La boule de neige

Li è nata perché c’era … cioè il piccolo lago a novembre calava il lavoro e quindi avevamo tempo anche di giocare e divertirci e quindi boule de neige era praticamente … le boule de neige classiche la boule de neige. Allora noi facciamo allo stesso modo. Facciamo un dolce come un pupazzo  di neve più strati più gusti più farce quant’altro che veniva spruzzato tutto quanto di burro di cacao quindi diventava idrorepellemte. Lo immergevamo in un’acqua limone e menta con dentro del cocco quindi faceva proprio neve che cadeva su un pupazzo di neve. Appoggiato in un piatto dove c’era tutta una creazione un paesaggio monte bianco con i pini. Anche fare un paesaggio con un  monte bianco, con i pini verdi al pistacchio, i tronchi alla nocciola… quando ti arrivava  la boule de neige con la neve che cadeva proprio realistica sul pupazzo di neve. L’aprivi con l’acqua che cadeva sotto, l’acqua la bevevi con la cannuccia e mangiavi il dolce che era sott’acqua quindi anche li tecnica che viene applicata a un gioco.

Il Montorfano anche …

Montorfano era praticamente quando friggi, friggi e rendi le cose piatte più possibile. Mentre questo era praticamente il contrario. Noi spingevamo verso il fondo in una pentola profonda una pasta come fosse una chiacchiera e cosa accadeva si attorcigliava intorno al bastone creando questa montagna, la giravamo al contrario … e abbiamo fatto questa montagna che è una chiacchiera,  veramente  la tecnica … veramente l’ispirazione arriva da tutto

Invece l’esperienza in Francia hai potuto spaziare allo stesso modo?

No, li sono andato per imparare, volevo capire cosa ci mancava in Italia per fare questo concorso, il Bocuse d’Or nel quale per il momento non abbiamo mai avuto degli ottimi risultati. Allora ho visto tecniche spinte all’estremo, ho visto le preparazioni, il coordinamento che hanno in Francia e tutto quanto ed ero da uno dei vincitori del 2005, Serge Vieira, quindi dove poter andare se non li. Poi l’anno scorso il sous chef australiano ha partecipato al il Bocuse d’Or e quindi ho visto tutta la preparazione tecnica che c’è stata tutta l’organizzazione,  noi cosa pensavamo, cosa non  dovevamo fare, cioè lavori fuori di testa per poterlo riprodurre  in Italia e siamo qua.

Cosa manca alla cucina italiana?

Abbiamo degli ottimi prodotti e ce li invidiano in tutto il mondo perché abbiamo un panorama enogastronomico incredibile e strepitoso. Il problema è che non sappiamo venderlo. I francesi hanno un decimo dei nostri prodotti e li vendono come se fossero oro e diamanti.

Noi abbiamo troppi prodotti, non li sappiamo valorizzare, ci sappiamo fare guerra uno con gli altri, non sappiamo fare squadra. Questo ci penalizza tantissimo per me.

In più i cuochi invece di cercare di valorizzare i prodotti li toccano il meno possibile. I nostri migliori piatti sono fatti di prodotti, punto. Cioè caprese, c’è molto pomodoro, mozzarella, basilico, un filo d’olio, definita. Un gambero è lasciato il gambero appena condito, anche senza,  crudo, è buonissimo, la carne la fassona, l’abbiamo mangiata, è un pezzo di carne crudo. Invece i francesi stravolgono. Da un uovo fanno souffle, fanno omelette, fanno lavorazioni tecniche anche abbastanza complesse.

Oppure noi abbiamo la ricetta della nonna, della zia, del parente, loro hanno la ricetta degli chef. Loro quando dicono questa è la ricetta di Ducasse,  di Robuchon,  proprio lo status diverso. Hanno ricette codificate molto forti guà di lavorazioni complesse. Noi abbiamo ricettari di ricette abbastanza semplici, familiari, di focolare direi quasi. Invece li di chef stellati, di chef che si sono imposti,. di preparazioni molto articolate molto complesse che vendono come fosse chissà cosa.

La soupe à l’oignon  è una zuppa di cipolle però te la fanno gratinata quindi fa figo … perché così la faceva Bocuse e la vendono. In sostanza sanno vederla meglio.

I tuoi ingredienti preferiti

Tutti, non mangio formaggi, perchè ho fatto indigestione da piccolo, ora per il concorso dovrò assaggiarli. Se posso evitare evito cannella, liquirizia, anice, melanzane, ananas, kiwi, le mele cotte …

Sogni

Tanti, non si sa dove, mi piacerebbe avere un mio ristorante un giorno, quando sarà l’ora, vediamo dove … adesso ancora girare il mondo. Non sono mai andato in America quindi mi piacerebbe andare in America. Ho girato tutta l’Asia, mi manca andare in Australia,l’Africa, quindi viaggiare …

Quando hai pensato di diventare chef?

Chef è una gran parola, no, cuoco … da sempre, a casa mia si è sempre cucinato molto bene. La mia famiglia è grande, cucinare non è mai stato un pentolino per 4 persone è sempre stata una tavolata per tante persone. Cucinare è sempre stato parte della mia vita è stato sempre abbastanza naturale perché mi piaceva e quindi perché non farla diventare una professione. Poi ho preso questa via e  così è stato. La scelta giusta per me.

Se hai voglia di coccolarti con un qualcosa cosa ti prepari?

Cioccolato.  Una barretta di cioccolato, pane e cioccolato, è buonissimo

Quale cioccolato?

Fondente o gianduia

Nelle tue preparazioni c’è sempre o la nocciola o il gianduia

C’è sempre una cultura quelle delle langhe piemontesi che è molto sabaudica anche filo francese quindi bene o male trovi un richiamo a questi prodotti. La mia non sarà mai una cucina mediterranea, si riesco ad avvicinarmi ma non sarà mai mia.

La ricetta

Oh mia bella cipollina che vien dalla campagna

Cipolla glassata e polenta gialla con taleggio del parco del Ticino

ingredienti per 10 persone

Elementi per la composizione del piatto:

  • 10 cipolle gialle sotto sale
  • 500 g di polenta gialla al taleggio
  • spuma di cipolle caramellate
  • tuille di polenta
  • erbe spontanee ed insalate

Per le cipolle

  • 10 cipolle gialle di diametro di almeno 10 cm
  • 2 kg di sale grosso

Cuocere le cipolle sotto sale in forno a 180° per 2 ore. Far raffreddare e svuotare per ottenere un contenitore. Conservare le tuniche centrali per la preparazione successiva.

Per la polenta al taleggio

  • 150 g di polenta gialla
  • 750 g di brodo di pollo
  • 150 g di taleggio
  • sale
  • pepe

Cuocere la polenta in brodo di pollo, a cottura ultimata unire il taleggio e regolare di sale e di pepe.

Per la spuma di cipolle caramellate

  • 500 g di cipolle
  • 200 g di brodo di pollo
  • 200 g di panna
  • 50 g di farina bianca
  • 50 g di burro
  • 80 g di lardo alle erbe

Far caramellare le cipolle deglassandole con il brodo di pollo, unire il lardo e continuare a cuocere fino a doratura completata. Fare un roux e unire alle cipolle, deglassare con la panna, frullare il tutto e mettere in un sifone. Mantenere al caldo.

Per le tiulle di polenta

  • 110 g di farina bianca
  • 70 g di farina di polenta
  • 70 g di burro
  • 45 g di latte
  • 1 g di sale
  • 0,2 g di pepe bianco

Impastare ed ottenere una frolla, stendere sottilmente e far raffreddare, coppare e far cuocere in forno a 160° per 12 minuti.

Composizione del piatto

Prendere la cipolla e farcirla con la polenta, sopra aggiungere la spuma di cipolla e completare con la cialda, decorare con erbe spontanee ed insalatine.

 

Intervista di Anna Calabrese e Laura Bertolini

Foto dal sito di Paolo Griffa

 

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