E’ forse il prodotto commestibile più bistrattato e ridicolizzato del mondo vegetale, povero finocchio, da molti snobbato perché considerato cibo da malati, insignificante e triste. Per non parlare poi delle diverse accezioni che il termine ha assunto nel tempo, come “valere come il finocchio nella salsiccia”, che indicava cosa o persona di nessun valore nel Medioevo, per via dell’utilizzo dei semi di finocchio, più popolari e senza valore rispetto alle pregiate spezie orientali, nell’ aromatizzazione di carni e insaccati, vedi la toscana finocchiona. In seguito, da “cosa o persona di nessun valore”, la parola “finocchio” è passata a indicare “uomo spregevole, infido, che non merita nessuna stima, traditore” come testimonia anche un testo apocrifo dantesco :
E quei, ch’io non credeva esser finocchi,
ma veri amici, e prossimi, già sono
venuti contra me con lancie, e stocchi.
Successivamente, in senso più restrittivo, a partire dalla seconda metà dell’ottocento, “finocchio” appare, probabilmente per la prima volta, nel Vocabolario dell’uso toscano di Pietro Fanfani (Barbera, Firenze 1863) con il significato di omosessuale, ovvero “uomo spregevole in quanto sodomita” e tale pare essere l’ipotesi più plausibile dell’etimologia del termine. Approfondimenti qui
Il verbo infinocchiare, cioè imbrogliare, truffare, deriva dall’astuzia degli osti del passato nel camuffare i difetti del vino offrendo ai clienti finocchi crudi, pane ai semi di finocchi o salumi coi semi di finocchi che hanno la proprietà di anestetizzare il palato e ingentilire il gusto del vino cattivo.
Eppure il finocchio è un prodotto prezioso per la nostra alimentazione e la nostra salute, noto fin dai tempi più antichi per le sue innumerevoli proprietà aromatiche, digestive, depurative, antiflatulenza e anticolitiche. E’ costituito principalmente da acqua, con un buon contenuto di fibre, privo di amidi e lipidi e con pochissime calorie che lo rendono un alleato nelle diete dimagranti. Sono inoltre presenti potassio, calcio, fosforo, sodio, magnesio, ferro, zinco, manganese e selenio e tra le vitamine troviamo la A, alcune del gruppo B e la vitamina C.
Il finocchio, il cui nome scientifico è “Foeniculum vulgare”, è una pianta erbacea che fa parte della famiglia delle Apiaceae. Il suo sapore richiama quello dell’anice e si distingue in finocchio dolce, quello coltivato, e finocchio selvatico o amaro.
Del finocchio dolce, coltivato a partire dal XVI secolo, si consuma il bulbo bianco, o “grumolo”, sia crudo che cotto e i ciuffi verdi più teneri; il selvatico viene sfruttato prevalentemente per le proprietà aromatiche dei suoi frutti, impropriamente chiamati “semi” che, grazie all’alto contenuto di un olio essenziale ricco di anetolo, sono utilizzati per la preparazione di molti liquori. Sono inoltre protagonisti in erboristeria per fito-preparati e tisane digestive, depurative, antiflatulenza e vengono ampiamente usati anche in gastronomia per profumare pane, biscotti e salumi senza dimenticare che aromatizzano l’acqua di cottura delle castagne. I ciuffi verdi più teneri si possono consumare crudi, quelli più sviluppati vengono cotti e sono un ingrediente essenziale di un piatto siciliano famoso come la pasta con le sarde.
Alcune delle preparazioni culinarie più abituali vedono il finocchio fra i componenti di un fresco e colorato pinzimonio oppure condito a crudo in insalata, semplicemente con buon olio extravergine d’oliva e limone oppure perché non provare con un’acciughina salata? E’ co-protagonista di un altro classico siciliano: l’insalata di finocchi e arance; bollito o cotto al vapore (meglio) e arricchito con besciamella e parmigiano e infine gratinato in forno può essere proposto ai più reticenti. Della serie “non si butta via niente”, con gli scarti, insieme a patata, cipolla e basilico e un po’ di brodo crea un’elegante vellutata. E, insospettabile ma vero, può anche essere usato per fare dei dolci, gelati, sorbetti e flan!
L’eleganza del finocchio si svela anche in usi non culinari, come in questo bel mazzo di calle realizzate con le foglie più esterne dei finocchi, con il loro gambo, e delle carote, che potrebbe comporre un centro tavola ed è di facilissima esecuzione anche senza essere esperti dell’arte dell’intaglio!
Infine, ecco spiegata la nostra scherzosa foto di copertina: i coltivatori e gli ortolani distinguono i finocchi in maschi e femmine in base alle loro caratteristiche morfologiche: il maschio ha una forma più tonda ed è più adatto per essere mangiato crudo, la femmina invece risulta più allungata ed è indicato per essere cotto. Questa distinzione comunque è puramente di comodo e non ha nessun riscontro scientifico!
Alcuni esempi della versatilità del finocchio in cucina:
Cristina Galliti – Cucchiai di finocchi con tartare di tonno all’arancia e gelato all’extravergine
Giuliana Fabris – Terrina dolce di finocchi
Milena Zuppiroli – Gelato ai finocchi con arance e gelatina al limone
Chiara Picoco – Torta rovesciata ai finocchi
Calogero Rifici – Finocchi stufati al bergamotto su coppa di salsiccia
Testo articolo e foto di Cristina Galliti con animazione grafica di Mai Esteve
2 Comments
Come utilizzare gli scarti del finocchio in maniera appetitosa
3 Febbraio 2018 at 9:28
[…] cavolo abbiamo parlato diffusamente QUI; oggi invece il Calendario del Cibo Italiano, tramite la conoscenza e la professionalità dell’amica Cristina Gallitti, ci racconta il […]
Calendario del cibo italiano: gelato al finocchio senza gelatiera, con streusel, arance e gelatina di limone – Scelgo un libro per bambini con la pancia piena!
3 Febbraio 2018 at 14:07
[…] di servirlo, è meglio calcolare bene le porzioni da preparare e tenere tutto a portata di mano. Qui sulla pagina web del Calendario del cibo italiano, invece, potrete scoprire tante altri piatti che hanno come protagonista il […]
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