Solitamente per radicchio intendiamo ogni tipo di insalata rossa o verde dalle foglie allungate; in realtà di radicchio ne esistono molte tipologie diverse fra loro ma il più nobile è sicuramente il radicchio di Treviso IGP. Si presenta in due varianti: precoce o tardivo. Il radicchio rosso precoce, meno pregiato, ha foglia più larga e sapore più amaro.
Il radicchio rosso tardivo è decisamente più pregiato e frutto di una lavorazione molto più complessa. Il disciplinare prevede che la raccolta dal campo possa iniziare solo dopo che le piantine siano state esposte a due brinate. Una volta raccolto viene legato a mazzi e immerso in vasche di acqua a temperatura costante per la fase di imbianchimento. L’assenza di luce impedisce di produrre clorofilla e questo consente di diminuire le note amare della cicoria. Dopo il periodo in acqua, che può variare dai quindici ai venti giorni, il radicchio tardivo può essere finalmente toelettato e preparato per la vendita.
A vigilare sulla corretta coltivazione del radicchio rosso di Treviso e del radicchio variegato di Castelfranco, c’è un consorzio specifico, nato nel 1996 che tutela anche l’area geografica di produzione, ne favorisce la valorizzazione e ne salvaguarda la tipicità e le caratteristiche.
Conosciuto e coltivato già nel Cinquecento, considerato non molto diversamente dal radicchio di campo, nasce infatti dallo stesso ceppo originario della cicoria selvatica, quella dai bei fiori azzurri, come gli altri radicchi veneti e lo documenta addirittura il dipinto “Le nozze di Cana” di Leandro da Ponte detto Il Bassano, oggi esposto al Louvre, dove il pittore rappresenta una scena in cui campeggiano ceste di frutta e verdura tra cui alcuni radicchi rossi.
Per quanto riguarda le tecniche di imbianchimento, alcune tesi vorrebbero che fossero state importate dal Belgio nel 1870 grazie a Francesco Van Den Borre, vivaista arrivato nel Veneto per curare la realizzazione di un giardino all’inglese nella trevigiana Villa Palazzi, il quale avrebbe trasmesso il metodo usato per la cicoria belga, mentre altre sostengono che questa forzatura sia da attribuire alla necessità dei contadini di preservare dal gelo dell’inverno la cicoria raccolta dai campi. Trasferita nel tepore delle stalle, la pianta, anziché marcire completamente, conservava dei cuori sodi e croccanti. Disponendo di molta acqua sorgiva, tipica del territorio trevisano, questa fondamentale lavorazione è stata introdotta nel processo produttivo, ma è solo nella seconda metà dell’Ottocento che la produzione di questo ortaggio si afferma definitivamente. Quello che conosciamo oggi è il frutto di tanti interventi migliorativi, selezioni e incroci, una ricerca paziente che gli ha regalato una propria identità e ne ha determinato il successo al punto di farne un simbolo della terra trevigiana e veneta.
Il radicchio è decisamente salutare, ricco di antiossidanti, è indicato per artrite e reumatismi, e di vitamine del gruppo A, B1 e B2, ha un contenuto calorico molto basso per cui indicatissimo nelle diete. Ha proprietà depurative e favorisce la digestione e il buon funzionamento dell’intestino, mentre il calcio e il ferro presenti aiutano a fortificare le ossa, contiene inoltre antociani che aiutano a prevenire malattie cardiovascolari e il triptofano che è benefico per il sistema nervoso e disturbi legati all’insonnia.
Unico nel sapore, con quel suo gusto gradevolmente amarognolo e la consistenza croccante, in cucina si presta a numerose preparazioni. Perfetto utilizzato a crudo ma anche in tutte le possibili declinazioni, dagli antipasti al primi piatti, ai secondi, ai contorni, persino nei dessert.
Possiamo decisamente affermare che il Radicchio Rosso di Treviso IGP è il re dei radicchi.
Articolo di Giuliana Fabris
1 Comments
Mai
2 Febbraio 2018 at 0:23
Prima di arrivare in Italia, il radicchio di Treviso non lo conoscevo neanche per sentir dire.
Ora però ne sono una sua fan!
Bellissimo articolo!
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