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Sta minestra barsamica de pesce,

specie si er brodo è fatto co’ l’arzilla,

ve basta solo d’assaggià ‘na stilla

pe’ dì: “Mò panza mia poi pure cresce!”

È peggio de ‘na droga sconosciuta

che intossica er palato e nun dà tregue:

tutti li venerdì, ‘na ricaduta”.

Pare di sentire la voce inconfondibile di Aldo Fabrizi, carica di pathos verace, mentre legge la suo ode al brodo d’arzilla e ci suscita la voglia di scoprirla. Il  popolare attore, regista e poeta romano, era noto per essere una buona forchetta e  non si vergognava delle proprie  umili origini, anzi,   amava profondamente la cucina della sua terra tanto da dedicare molti versi in dialetto romanesco alla sua passione mangereccia e anche a questo piatto ha rivolto una delle sue famose “ricette in versi”, pubblicata nella raccolta Nonna minestra.

Il brodo d’arzilla è una ricetta popolare romanesca, antica e umile, fatta con ingredienti poco costosi ma saporiti, facilmente reperibili nei mercati della capitale: broccolo romanesco, proveniente dalle campagne laziali, e rimasugli di pasta corta mista o spaghetti spezzati  cotti in un brodo d’arzilla, ovvero la razza chiodata, che i romani chiamano arzilla co’ le pietruzze o semplicemente arzilla (da “razza” e “razzilla”, secondo la Treccani), un pesce economico molto diffuso sul litorale laziale, dalla forma schiacciata simile a quella di un rombo, con una grossa spina centrale e filamenti cartilaginei laterali,  dotato di una coda robusta ricoperta da aculei, da sempre  utilizzato per dare sapore e sostanza al brodo.

Un piatto della grande cucina popolare romana che si fa sempre più raro”, scrive  Livio Jannattoni nel suo libro La cucina romana e del Lazio.  Si consumava fino a pochi decenni fa nelle veraci osterie di  Trastevere, Testaccio e degli altri Rioni della capitale, oggi è quasi introvabile.  Nato e sviluppatosi come piatto di magro del venerdì, sopravvive nella tradizione domestica, come pietanza fondamentale del menu della Vigilia di Natale ed entra a pieno titolo nel bagaglio culturale gastronomico di ogni romano al pari di amatriciana, carbonara, cacio e pepe e puntarelle!

Ricetta tratta da La cucina romana e del Lazio di L. Jannattoni:

Ingredienti per 6 persone

Una razza da 2 kg
Un broccolo romanesco da 1,5 kg
400 g di pasta (ditalini/spaghetti spezzati/pasta mista spezzata)
300 g di pomodori pelati
2 spicchi d’aglio
3 filetti di acciughe dissalate
Olio extravergine di oliva
Una cipolla
Una carota
Una costa di sedano
Qualche foglia di prezzemolo
1/2 bicchiere di vino bianco
Sale q.b.

Pulite la razza spazzolandola sotto l’acqua corrente; tagliatela a pezzi e mettetela in una pentola con il prezzemolo, il sedano, la carota e la cipolla, ricoprite d’acqua, portate a ebollizione, salate e fate cuocere a fuoco lento per una ventina di minuti. Togliete il pesce dalla pentola, separate i filetti dagli scarti e rimettete questi ultimi nel brodo facendo sobbollire ancora per una mezz’ora, infine filtrate il brodo. I filetti teneteli da parte.
In un altro tegame preparate il soffritto per la minestra con l’olio e l’aglio, unite le acciughe e fatele sciogliere, il broccolo tagliato a cimette, il vino bianco e i pelati spezzettati. Cuocete per 4 o 5 minuti, poi versate il brodo filtrato e continuate la cottura per un quarto d’ora circa. Aggiungete infine una parte dei filetti di arzilla (gli altri potete condirli con olio e limone e servirli come antipasto o secondo piatto), calate la pasta e portate a cottura. Servite la minestra caldissima.

Testo e foto brodo d’arzilla Cristina Galliti

foto razza chiodata dal web

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