Fortunato tene ‘a rrobba bella, ‘nzogna nzò! – Pino Daniele
Che dire dei taralli, sono un monumento!
Piccoli pani croccanti, tostati, semplici o variamente speziati, caratterizzati dalla lunghissima conservabilità e dalla facilità di trasporto, legata anche alla loro particolare forma ad anello, hanno accompagnato la storia delle genti del sud, il popolo del Regno delle due Sicilie, dove anche il pane si legava ca fune e scendeva dalle montagne.
Territori impervi, strade impraticabili, rendevano lungo, difficile e imprevedibile ogni viaggio, da qui la necessità di utilizzare alimenti disidratati, facilmente reidratabili e non deperibili che portò all’uso comune, generalizzato, in tutto il Regno dei pani biscottati, cotti due volte, biscotti di grano, freselle, taralli ….
I taralli, nella povertà imperante, rappresentano però un alimento particolarmente pregiato. A differenza dei biscotti di grano e delle freselle, legati ad una alimentazione di sussistenza, pani di poveri viandanti, lavoratori, soldati costretti a lunghe assenze da casa, i taralli sono conditi, aromatizzati, se ne fanno versioni anche dolci quindi particolarmente appetitose.
Nel Regno probabilmente di taralli se ne sono sempre fatti, lo testimonia la normativa spicciola, prammaticale, che cita i taralli inseme a maccarune, ceppole (zeppole), vermicelli, susamelli, tra i prodotti di consumo comune per la popolazione napoletana attestandone quindi un uso risalente.
Street food per eccellenza, intimamente radicato nelle abitudini alimentari del popolo napoletano che non sempre poteva permettersi un pasto completo e quasi mai il lusso di una cucina in casa, per secoli abituato a consumare cibo in strada, adeguando le proprie necessità al portafoglio, alla stagionalità e a ciò che offrivano gli ambulanti. Uno street food per così dire necessitato.
Quanti tarallari nei secoli si sono avvicendati arrancando per i vicoli di Napoli con la loro sporta piena di prelibatezze a buon mercato, democraticamente e forse un po’ promiscuamente accessibili a tutti, paré ‘a sporta d”o tarallaro.
Eppure tutto nasce da un riciclo, un geniale riciclo.
Il pane si preparava una volta ogni tanto, la farina, l’utilizzo del forno erano costosi, non si poteva sbagliare, nulla andava buttato, anche gli sfriddi, i piccoli ritagli di pasta risultanti dalla formatura dei pani dovevano essere riutilizzati. Così l’abitudine di impastare gli sfriddi con grassi, la sugna a Napoli, l’olio in Puglia, formati a piccola ciambella, e infornati col pane a biscottarsi.
Da qui miriadi di taralli e tarallini, dolci, salati, piccanti e speziati, bolliti, infornati, semplici o annasprati che ancora ci accompagnano, dalle sporte dei tarallari a finger food dei nostri happy hour, in definitiva sono sempre street food.
Ingredienti per 4 persone
- 400 g di farina
- 15 g di lievito di birra
- 150 g di sugna
- 150 g di mandorle
- sale
- pepe
per completare
- Mandorle intere non sbucciate
Nella planetaria, frusta a gancio velocità 1 – 2 incorporare la farina con solo lo strutto, risulterà un composto piuttosto granuloso. Unire il lievito di birra sciolto in poca acqua tiepida, il composto finale dovrà essere piuttosto sodo, eventualmente aggiungere altri 10 – 20 g di acqua se fosse necessario per compattare l’impasto ma non eccedere. Impastare per qualche minuto, unire le mandorle tritate, il pepe e il sale. Lavorare poco.
L’impasto dovrà risultare compatto ma non estremamente liscio e uniforme, far lievitare coperto in luogo caldo fino al raddoppio.
Stendere l’impasto su un piano leggermente infarinato, meglio se con le mani fino ad ottenere un quadrato di circa 2 cm di spessore da cui con l’aiuto di un tagliapasta ricavare 12 strisce. Lavorare delicatamente ciascuna delle strisce a mò di cordone allungandola un po’.
Ripiegare ciascun cordone a metà su se stesso, arrotolarlo torcendolo delicatamente, chiudere unendo le estremità in modo da formare un tarallo, premere leggermente con le dita sul punto di chiusura.
Sistemarli su una teglia protetta da carta da forno, decorare con le mandorle intere. Lasciare lievitare ancora una mezz’ora.
Cuocere in forno statico a 180° già a temperatura per circa 30 minuti. Attenzione devono prendere colore ma non bruciare. Sfornare, riportare il forno a 90° rimettere i taralli in forno per un’altra mezz’ora. Devono Biscottare
Rossella Campa – Tarallini pugliesi
Articolo di Anna Calabrese
Ricetta: tratta con qualche modifica da:
La cucina della Campania, Anna e Piero Serra, Edizioni Le Muse di Partenope
2 Comments
Giada Montervino
25 Aprile 2018 at 10:57
Ciao Anna, ero alla ricerca di una ricetta di taralli campani (Napoletani) da molto tempo e la tua mi sembra molo interessante. La sperimenterò quanto prima!!! A casa siamo soliti consumare quintalate di taralli, siamo appassionati di taralli pugliesi all’olio d’oliva, andiamo ghiotti per quelli di antoniofiore.net, sono squisiti e li troviamo genuini come quelli prodotti in casa. Appena avremo voglia di cambiare gusto mi metterò ai fornelli con la tua ricetta. Grazie!!
Redazione
26 Aprile 2018 at 0:45
Quelli di Anna sono dei taralli veramente buonissimi e rispettosi della tradizione, siamo sicuri che ti piaceranno. Grazie e quando li provi facci sapere le tue impressioni
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