“Cucinare è anche trasformare, mettere insieme tanti piccoli pezzi, e ammirarne l’armonia. La vera bellezza è essere coscienti del valore di qualcosa che non sembra averne affatto. Qualcosa di recuperato è qualcosa di guadagnato, in fondo.” (Massimo Bottura Il pane è oro, Ippocampo)
In cucina recupero e riutilizzo per le nostre nonne e mamme erano una necessità, il modo per sfamare la famiglia tutta; ora, almeno nella nostra parte del globo, per lo più molto è cambiato: recupero e riutilizzo assumono dei contorni meno legati all’economia familiare ma più al rispetto dell’ambiente, del cibo stesso, di chi l’ha prodotto e di chi, invece, ancora fatica per averne. Le ricette della tradizione legate al riutilizzo sono davvero tantissime, così come infinite sono le possibilità date dalla creatività personale e perché no, anche dalla conoscenza e dallo studio degli ingredienti stessi. Come spesso accade anche per le questioni importanti, il rischio che tutta l’attenzione verso questi temi degli ultimi tempi si riduca ad una moda momentanea o ad un vezzo, c’è. La concretezza ed il tangibile sono ciò che fa la differenza fra le parole e la realtà.
Con in mano il libro da cui è tratta la frase introduttiva di questo articolo, ho scritto alcune domande allo chef Massimo Bottura: nelle sue righe non sono semplici risposte ma spunti, sproni e suggerimenti ma soprattutto energia ed ottimismo, quello concreto.
Cibo, spreco e fame sono tre parole che richiamano temi immensi e profondi, tre parole legate fra loro indissolubilmente: la cucina ed i suoi interpreti che ruolo possono avere in tutto ciò?
I numeri parlano chiaro. Un terzo del cibo che produciamo ogni giorno viene gettato nella spazzatura. Quasi un miliardo di persone sono malnutrite. Considero lo spreco e l’insicurezza alimentare come due facce della stessa medaglia. Il compito di noi chef, soprattutto nel momento storico che stiamo vivendo, è uscire dalle nostre cucine e prestare la nostra voce alle nostre comunità, ascoltare i bisogni e incoraggiarne le potenzialità.
La lotta allo spreco coinvolge tre livelli: il fare la spesa, gli scarti e gli avanzi della cucina e le eccedenze della distribuzione. Con primi due aspetti le donne di casa da sempre hanno dovuto confrontarsi e così è ancora per moltissime. Poi ci sono situazioni in cui anche gli scarti altrui sono ricchezza mentre altre in cui non vi è alcuna necessità di recupero ma esso può essere, dovrebbe essere, un fatto etico. In tutti i casi, non certo per semplificare ma per avere concretamente idee, la creatività può essere d’aiuto insieme alla tecnologia e alla maggior conoscenza degli ingredienti. Ci può dare qualche spunto in base alla sua esperienza di uomo e cuoco che fa la spesa per la sua famiglia e per la sua attività, che cucina fra casa, ristorante e Refettori.
La fonte d’ispirazione di molte delle mie ricette, così come delle ricette create dagli chef che sono venuti a cucinare ai Refettori, sono le memorie d’infanzia. Quel sapere antico e profondo delle nostre mamme e nonne, radicate nella filosofia della cucina povera, sono una fonte inesauribile di ricette e idee per recuperare fino all’ultima briciola, l’ultima foglia e l’ultimo osso, per sfruttare ogni ingrediente in ogni sua parte, in ogni fase della sua vita. Per questo abbiamo deciso di raccogliere tutte le ricette del Refettorio Ambrosiano in un libro che si chiama “Il Pane è Oro”, che più che un libro di ricette è un libro di idee. Sicuramente, è un invito a guardare i prodotti nella nostra dispensa con occhi diversi, e renderci conto che anche i più umili ingredienti possono dar vita a piatti straordinari.
Quali sono i suoi piatti più cari del suo percorso nell’elogio del recupero?
Da bambino, mia madre mi portava a tavola un’enorme tazza di latte bollente che io macchiavo con appena un goccio di caffè e riempivo di zucchero, poi vi ci tuffavo pezzi di pane secco. La mia cena preferita, la zuppa di latte, è poi diventata Il pane è oro, dessert che abbiamo servito per anni in Osteria Francescana e che abbiamo deciso di servire anche al Refettorio Ambrosiano, al giorno dell’apertura.
Le eccedenze non sono solo nelle cucine ma coinvolgono situazioni più ampie e complesse: come è nata nel 2015 l’idea ed il progetto dei Refettori? Quanto si è espanso da allora il progetto e quali le prossime mete?
Refettorio Gastromotiva – credits AngeloDalBo
Il Refettorio Ambrosiano è nato come la mia interpretazione del tema lanciato da Expo 2015: Feed the Planet, Energy for Life. Non avevamo mai lavorato con grandi numeri da mensa, né con eccedenze alimentari. Quello che abbiamo fatto è stato applicare tutto ciò che abbiamo imparato in 20 anni di esperienza all’Osteria Francescana sul valore della bellezza, dell’ospitalità e della qualità delle idee. E ha funzionato: gli abitanti del quartiere che prima erano contro l’apertura del Refettorio, ora erano con noi a fare volontariato ogni giorno. Lo spazio è diventato un centro di cultura e inclusione sociale aperto all’intera comunità. Gli ospiti hanno trovato un luogo in cui approcciarsi al nutrimento in maniera olistica: che sia per il corpo, ma anche per l’anima. Caritas Ambrosiana si è offerta a tenere aperto il progetto di Milano, mentre io e Lara abbiamo fondato Food for Soul, un’associazione non-profit con cui vogliamo raggiungere più comunità possibili intorno al mondo e coinvolgerle nella lotta contro lo spreco alimentare e l’isolamento sociale. Ad oggi abbiamo aperto il Refettorio Gastromotiva di Rio de Janeiro, il Refettorio Felix di Londra e i Social Tables di Bologna e Modena. Ne abbiamo in cantiere molti altri, che toccheranno le città di Parigi, Montréal, Napoli, Roma e chissà quante altre ancora. Non posso che essere ottimista: nel mio futuro, vedo più futuro.
Massimo Bottura
Refettorio ambrosiano – credits Emanuele colombo
“Una ricetta, in fondo, è come una soluzione di un problema. E voi dovete scegliere di essere dalla parte della soluzione, cucinando e condividendo un pasto intorno ad un tavolo. Potrebbe essere la cosa più rivoluzionaria che fate ogni giorno” (Massimo Bottura Il pane è oro, Ippocampo)
Verdure estive con fagioli
Ricetta dal Libro “Il Pane è oro” di Massimo Bottura
Per 8 persone
- 150 g di croste di Parmigiano Reggiano
- 600 g di fagioli rossi in scatola o di un’altra varietà, sgocciolati
- 100 g di pane raffermo, a cubetti di 1 cm
- 120 g di radicchio, affettato finemente
- 60 g di carote, a dadini da 5 mm
- 60 g di sedano, a dadini da 5 mm
- 1 cucchiaino di cipolla, a dadini da 5 mm
- 10 g di foglie di basilico, tritate finemente
- 130 ml di olio extra vergine di oliva
- 80 g di aceto di vino bianco
- 100 g di peperoni rossi, gialli e verdi, a dadini
- Sale e pepe nero macinati al momento
In una pentola grande unire le croste del Parmigiano Reggiano con 3 litri di acqua fredda e cuocere a fuoco moderato per 1 ora, quindi rimuoverle e mettere da parte. Aggiungere i fagioli all’acqua di cottura e cuocere a fuoco medio finché non sono teneri e cremosi, ci vorranno circa 30 minuti. Mettere da parte.
Preriscaldare il forno a 180°C. Rivestite una leccarda con carta da forno. Disporre il pane nella leccarda e tostarlo finché non è ben dorato, ci vorranno circa 12 minuti. Mettere da parte.
In una ciotola capiente, mescolare il radicchio, i peperoni, le carote, il sedano, la cipolla e il basilico. Aggiungere l’olio, l’aceto, il sale e il pepe a piacere e mescolare. Lasciare riposare per 2 ore.
Per impiattare, distribuire i fagioli e il brodo nei piatti fondi e aggiungere il misto di verdure. Guarnire con i crostini e le scaglie di Parmigiano ottenute dalle croste.
Nota: conservare un po’ di brodo per altre zuppe e risotti.
Intervista di Laura Bertolini
Credits foto copertina The Felix Project
1 Comments
Katia Zanghì
7 Gennaio 2018 at 23:21
IIl libro lo sto leggendo adesso, e mi sta piacendo molto. Bellissima intervista.
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