“L’è proprio un pan de oro!” fu l’esclamazione di un semplice fornaio di casa Melegatti in quel lontano giorno di 120 anni fa al taglio di quel meraviglioso dolce a stella illuminato proprio in quell’istante da un raggio di sole filtrato prepotentemente dalla finestra.
E’ così che nasce la leggenda del Pandoro di Verona, il dolce tipico e caratteristico delle feste natalizie locali. Rimasto per molti anni confinato nella città scaligera, timidamente all’inizio e poi grazie ad una produzione più massiccia e all’avvento delle pubblicità televisive allargatosi in tutta Italia e in seguito anche all’estero, quasi in una rincorsa affannosa per raggiungere il più blasonato cugino Panettone. E in effetti, all’avvicinarsi delle festività natalizie, non mancano, ripetuti negli anni quasi fossero tormentoni obbligati, sondaggi e confronti tra Pandoro e Panettone: e voi quale preferite? è la classica domanda intimidatoria, un retaggio a voler dividere l’Italia (anche) a tavola, neanche fossimo ancora ai tempi di Guelfi e Ghibellini. Un imperativo tout court a cui rispondere, spesso, crea imbarazzo gastronomico: sono dolci simili, ma differenti, ognuno con la propria personalità ed entrambi eccellenti, se prodotti artigianalmente e con un’accurata selezione di pregiate materie prime.
Soffice e dorato, profumato di vaniglia: questo è il Pandoro, dove la straordinaria ricchezza naturale di solo burro, uova e zucchero ne racchiudono l’essenza.
La sua nascita ufficiale e commerciale viene fatta risalire al 14 ottobre 1894 quando Domenico Melegatti ne ottiene la privativa industriale (il nostro moderno brevetto), presentata qualche mese prima al Ministero di Agricoltura e Commercio del Regno d’Italia, registrandolo come un dolce dalla forma conica a stella a otto punte, pare disegnata per l’occasione dal pittore impressionista veronese Angelo Dall’Oca Bianca. Ancora a testimonianza dell’antica sede della pasticceria omonima di fine ‘800 in Corso Portoni Borsari 21, a Verona, c’è lo storico palazzo Melegatti-Turco-Ronca, dove sopra la balaustra delle terrazze laterali troneggiano due pandori in tufo.
Non è data a sapere la vera origine materiale di questo dolce: molto probabilmente il Pandoro è stata un’evoluzione naturale di un’antica tradizione veronese, il Levà, un impasto di farina, latte e lieviti e ricoperto alla fine di granella di zucchero e mandorle, che le donne di paese lavoravano insieme la vigilia di Natale. Lo si potrebbe far risalire anche al Nadalin, un dolce nato nel XIII secolo nel primo anno di festeggiamenti natalizi dei Della Scala, Signori di Verona nel 1260, di cui ne imita solo la forma a 8 punte, essendo questo più basso e comprensivo di pinoli e liquore all’anice. Sicuramente nel raggiungere l’attuale dimensione il Pandoro è stato influenzato anche dalla dominazione asburgica, che a Verona ha portato il Pane di Vienna, ispirato alla brioche francese. E non dimentichiamoci che i pasticceri dei nobili della Repubblica Serenissima, in epoca di ostentazioni culinarie prestigiose, osavano servire a corte un Pan de Oro, chiamato così per le lamine di oro zecchine con cui era ricoperto. E se fosse partito dall’antico Panis? un pane dolce, raccontato da Plinio il Vecchio, che si sfornava nell’antica Roma fatto con fiori di farina, burro e olio. Ma senza addentrarci così lontano nella storia, una studiosa veronese, Gianna Ferrari de Salvo, ha scoperto di recente la ricetta di un Pan di Natale scartabellando i fascicoli della pasticceria veronese del ‘700 nell’Archivio di Stato di Verona, che cita testualmente: “Cinque libre di farina, tre di levà, mezza libra di butirro, ovi quindesi, zucaro una libra e meza, unire la detta robba, far il pastone e gramolarlo bene, ponendo in stua a levar sino a tanto che è levato”. Parrebbe proprio il Pandoro!
Anche se può sembrare una preparazione complicata, con la dovuta pazienza, una farina speciale, uova di galline razzolanti felici all’aperto, un burro eccellente da centrifuga, zucchero finissimo e seguendo ricette e consigli di Mastri Pasticceri, si possono ottenere risultati straordinari anche nel forno della propria cucina ed inondare la casa di un inebriante aroma burroso e vanigliato. Manca ancora una settimana a Natale, c’è tutto il tempo necessario per cimentarsi in questa soffice, dorata, leggiadra nuvola dolciaria: a voi la scelta della ricetta che più vi ispira!
Cinzia Martellini Cortella – …..di Verona delle Sorelle Simili
Mariella Di Meglio – ….. al cioccolato
Michela Gomiero – …..di Riccardo Astolfi
Annarita Rossi – ….. a lievitazione naturale di Raffaele Pignataro
Camilla Assandri – ….. con lievito di birra di Adriano Cortinisio
Testo e foto di Cinzia Martellini Cortella
3 Comments
Macina Caffè
18 Dicembre 2017 at 9:28
Un grandissimo complimento a tutte le temerarie dei grandi lievitati (perché la pazienza di giornate di attesa, sappiamo, non è poca!) Stupendi questi pandori!!! Appena possibile vengo a fare un saluto ad ognuna. :*
milena
18 Dicembre 2017 at 22:41
Mi associo a Michela, complimenti a tutte per questi dolci capolavori. L’arte dei lievitati non è da tutti!!! bravissime, finalmente forse anche io riuscirò a cimentarmi.
Katia Zanghi”
18 Dicembre 2017 at 23:50
Grandissimo lavoro!
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