Leggenda vuole che il Castagnaccio sia un dolce legato all’amore; che si comporti come un filtro magico e qualunque ragazza che lo porti in dono all’innamorato si assicuri il suo affetto e la sua fedeltà in eterno.
Nei miei ricordi d’infanzia, quelli dei pomeriggi passati a giocare a casa della nonna, una casa piena di donne, di allegria, di cibo e cucina, nei pomeriggi consumati in una cittadina all’ombra dell’Appennino Tosco-Emiliano, l’odore inconfondibile di farina di castagne e ramerino, è così che si chiama da me il rosmarino, che si sprigionava dal forno caldo significava una cosa sola: l’arrivo dell’inverno era alle porte.
Con i primi morsi dati al Castagnaccio preparato per merenda si salutava l’autunno con i suoi incredibili, e spesso non abbastanza elogiati, colori e si poteva iniziare il conto alla rovescia nei confronti del Natale.
Le castagne erano state raccolte, la loro corazza pungente eliminata, la loro pellicina pazientemente tolta, il cuore del frutto era stato messo a seccare e con un lavoro pulito di macinatura si era ottenuta quella farina preziosa, elemento cardine di questa antica preparazione.
Eppure per capire fino in fondo l’essenza del Castagnaccio e comprenderne le origini devo necessariamente riportare la frase con cui la mia bisnonna ce lo offriva: “Mangiatelo voi, è buonissimo, ma io di castagne e farina di castagne non ne metterò più in bocca finché campo!”.
Sì perché per lei, donna cresciuta tra i monti, che conosceva bene sia la guerra che la miseria, quel gustoso dolce a base di farina di castagne, olio, acqua e rosmarino, aveva rappresentato nei momenti più bui e difficili un forma di sostentamento quasi esclusiva. Era stato il pane quando il pane vero mancava e questa è la natura del Castagnaccio; le sue origini sono quelle di un cibo povero, spesso associato erroneamente alla sola regione Toscana se si pensa che l’impiego di farina di castagne per ottenere un dolce è, allora come oggi, cosa frequente in moltissime zone d’Italia.
La ricetta del Castagnaccio viene attribuita a tale Pilade da Lucca che nell’opera di Ortensio Landi “Commentario delle più notabili et mostruose cose d’Italia e di altri luoghi” (1553), viene detto essere “il primo che facesse castagnazzi e di questo ne riportò loda”.
Non un solo Castagnaccio ma svariate versioni, che mutano aspetto, ingredienti e nome in base al luogo in cui ci troviamo; se consideriamo anche la sola Toscana nelle aree Fiorentine, Pistoiesi e Pratesi viene fatto basso basso e croccante e prende anche gli appellativi di ghirighìo e migliaccio; nell’Aretino, invece, viene preferito più alto, raggiunge 1,5/2 centimetri e si dice baldino, a Livorno è ancora più alto e morbido, 3 centimetri all’incirca, quasi troppi per essere davvero gustoso, e si chiama toppone.
Con il passare del tempo il Castagnaccio si è arricchito; lo troviamo intrigante grazie all’aggiunta di frutta secca, pinoli e noci in primis, lo possiamo gustare arricchito con uva passa, sfizioso se aromatizzato con sentore di scorza di arancia.
Una volta valicati i confini toscani possiamo farci conquistare da una schiera di varianti interessanti: la versione Ligure in cui il rosmarino lascia il posto al finocchietto, quella Cuneese in cui parte della farina di castagne viene sostituita con castagne lesse e passate e ancora la ricca versione Piemontese , che si veste di nobiltà, grazie al latte, alle mele e agli amaretti.
Ironia della sorte il castagnaccio , un tempo ancora di salvezza del popolo povero, oggi non è affatto una delizia a buon mercato, la farina di castagne se di buona qualità raggiunge prezzi molto alti, giustificati dalla lenta e difficoltosa lavorazione che necessita. La mia bisnonna forse faticherebbe a crederci.
Castagnaccio
- 300 g farina di castagne freschissima, controllate la data
- 50 g uva sultanina o zibibbo messa a bagno un’ora prima
- 50 g pinoli toscani
- 30 g gherigli noci
- 1 cucchiaino sale fino
- aghi di rosmarino
- 3 cucchiai olio extravergine
- 450 ml circa acqua
Stemperate la farina con l’acqua, fate molta attenzione perché si formano facilmente i grumi, aggiungete il sale, metà pinoli e l’uvetta strizzata. Spennellate con l’olio una tortiera bassa, di 30 cm di diametro, e versateci il composto. Aggiungete gli ingredienti rimasti, pinoli, uvetta, più i gherigli di noci, gli aghi di rosmarino e irrorate con tutto l’olio.
Infornate a forno caldo, 200°C per circa 40 minuti, il castagnaccio sarà cotto quando la superficie sarà tutta screpolata, fatelo intiepidire e gustatelo.
Testo di Francesca Geloso
Foto e ricetta di Tamara Giorgetti