Nell’immaginario comune il semolino è prevalentemente associato al mondo dell’infanzia o agli anziani. Effettivamente le sue proprietà nutritive, la buona digeribilità e il senso di sazietà anche con quantità minime, favoriscono il suo impiego durante lo svezzamento, nella dieta degli anziani e dei convalescenti.
Il semolino è ottenuto dalla macinazione dei chicchi di cereali, prevalentemente frumento. Si presenta in granelli più o meno fini, di un colore giallo intenso. In commercio si trova in due categorie: grosso e fine.
In generale è sinonimo della macinazione del grano duro, ma esistono diverse altre tipologie: il semolino di riso (indicato soprattutto per i celiaci e gli intolleranti al glutine), il semolino giallo, ottenuto dal mais e utilizzato nella preparazione della polenta e la cosiddetta “crema di frumento”, ottenuta dal semolino di grano tenero e impiegata principalmente nelle preparazioni dolciarie.
Presente da tempo nelle nostre cucine, esso è ben più che un alimento per l’infanzia, ma un ingrediente assai versatile, impiegato nella prefazione di diversi piatti della tradizione nazionale come gli Gnocchi alla Romana, la Zuppa imperiale, il Parrozzo o ancora, come addensante nella preparazione di budini, nelle minestre da brodo e infine in aggiunta alla panatura per ottenere un effetto croccante.
Il suo trionfo , il suo miglior impiego in uno dei piatti più amato da grandi e piccini sono senza dubbio gli Gnocchi alla Romana.
Uno dei primi piatti tradizionali della cucina romana e laziale più conosciuto, sulla cui origine ancora oggi si dibatte. Nonostante la denominazione infatti, si ritiene che l’abbondante uso di burro e parmigiano faccia provenire il piatto più dal Nord, dal Piemonte o dalla Lombardia. Gli Gnocchi alla Romana infatti differiscono dagli gnocchi tradizionali nella forma, negli ingredienti, nella preparazione e anche nella cottura. Fu però Pellegrino Artusi a fugare ogni dubbio nella prima edizione del suo libro “La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene” del 1891 a considerare il piatto come “romano”. In seguito anche Ada Boni nel suo “La cucina romana” li celebra come di “tradizione di una Roma sparita”. Da quel momento ad oggi sono inequivocabilmente riconosciuti in tutta Italia come uno dei piatti più celebri e amati della cucina laziale
Ricetta di Ada Boni da “La cucina romana”
Ingredienti
1lt latte
2 pizzichi di sale
250g semolino
100g burro
100g parmigiano
2 tuorli
Preparazione:
Scaldate il latte in un pentolino antiaderente, quando arriva quasi al bollore versate il semolino a pioggia, cuocete a fiamma bassa, mescolando continuamente possibilmente con una frusta per non formare grumi, per circa 15 minuti o comunque fino a che non si stacca dalle pareti. Togliete il semolino dal fuoco e incorporate metà burro, il sale, metà Parmigiano e i tuorli. Amalgamate bene il tutto.
Versate il composto su una spianatoia livellandolo con una. Spatola all’ altezza di circa 1 cm. Copritelo con un canovaccio bagnato e strizzato e lasciatelo riposare circa mezz’ora.
Formate dei dischi di circa 4 cm di diametro con un coppa pasta o con il bordo di un bicchiere.
Rimpastate gli scarti, stendeteli nuovamente e così fino all’esaurimento dell’impasto.
Accendete il forno a 180 gradi, ungete leggermente di burro una teglia e disponetevi gli gnocchi leggermente sovrapposti. Cospargete con il restante parmigiano e fiocchetti di burro. Cuoceteli per circa 15 minuti O fino che siano bene dorati. L’ideale sarebbe passarli sotto al grill per 2 o 3 minuti a fine cottura per un gratinatura ottimale. Serviteli caldi.
Accanto agli gnocchi alla Romana, la tradizione italiana vanta molte altre ricette che hanno il semolino come protagonista indiscusso. Ecco quelle che la Community ha interpretato per questa giornata
- Eleonora Colagrosso – Migliaccio napoletano
- Fabiola Palazzolo – Budino di semolino
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Antonella Eberlin – Torta fiorentina di Semolino
- Anna Laura Mattesini – Margottini Bergamaschi
5. Vittoria Traversa – Semolino dolce fritto
6. Milena Zuppiroli – Zuppa imperiale
Testo di Ilaria Talimani
Immagini di Cinzia Martellini Cortella