Le friselle sono dei pani parzialmente cotti, tagliati orizzontalmente e quindi tostati in modo da farli disidratare completamente per garantirne al massimo la conservazione. Tipiche soprattutto della tradizione pugliese, frisa, frisella, friseddha, e campana, freselle, ma anche calabrese, fresa, le friselle sono dei piccoli pani, secchi disidratati, quasi una monoporzione, dalla forma a ciambella o tarallo tagliato a metà, che riacquistano una consistenza morbida e spugnosa se spunzati o spugnati in acqua. Un tenero fresco pane pronto ad accogliere ed esaltare anche il più semplice degli ingredienti.
Un prodotto alimentare di base antichissimo, di sussistenza, un pane povero anzi un pane da poveri, fatto con farine povere e poco raffinate, grano duro, integrale, orzo, per chi mangia solo pane e poco altro e non può permettersi che deperisca.
Pane di marinai e di contadini
Non è un caso che tanto le frisedde che le freselle nate tra la terra e il mare del nostro Sud fossero tradizionalmente bagnate con acqua di mare che conferiva al pane, insieme alla morbidezza, una sapidità e un gusto unico, il sapore del mare, e condite di semplici frutti della terra un filo d’olio e un pomodoro strofinato.
Anche la forma a ciambella è funzionale alla natura della frisella, un pane di poveri viandanti, lavoratori costretti a lunghe assenze da casa, soldati, che dovevano portare le poche vettovaglie con se, addirittura addosso. Le friselle infatti erano infilate attraverso il foto centrale ad una cordicella che poi veniva chiusa a collana così da essere facilmente trasportabile.
Dall’alimentazione di sussistenza a regine delle tavole estive, le friselle rappresentano tutto il buono della dieta mediterranea, una giusta combinazione tra cereali soprattutto integrali, l’olio extravergine e le fibre da verdura cruda e di stagione, per non parlare ovviamente del sapore spettacolare dato dalla combinazione di ingredienti semplici e ma di pregio.
In Puglia le ciallèdde, friselle bagnate con olio, acqua, succo di pomodoro e vino e condite con lampascioni e carciofini rappresentano una specialità sopraffina servita anche nei migliori ristoranti.
Per non parlare della caponata napoletana fatta con fresella spognuta, olio, pomodori a fettine, aglio, origano e basilico che rappresenta must delle specialità turistiche e non solo.
Ma vediamo come si producono le friselle, raccogliendo la ricetta dalla viva voce di chi le prepara tutti i giorni.
LE FRESINE DEL PASTIFICIO SANTA TERESA (Camigliatello Silano)
Frisella, fresella, o fresina che dir si voglia, al Sud è una religione.
Rigorosamente fatta a mano, perché devono essere una diversa dall’altra.
Con farina 0, integrale, o di grano duro, ma nessuna altra variazione è consentita, pena la scomunica.
“Alla cosentina” si strofina con l’aglio, poi con il pomodoro crudo. Il succo del pomodoro evita di dover bagnare preventivamente la fresa, come si usa fare altrove.
Un giro di olio, un pizzico di sale e una spolverata di origano. Non esiste merenda più buona.
La preparazione è molto semplice, come vediamo nel panificio “Santa Teresa” di Camigliatello Silano, dove le fresine vengono tuttora prodotte rigorosamente in maniera artigianale.
La sig.ra Mariella ci racconta del forno di famiglia, dove si panificava a turno quotidianamente, impastando a mano chili e chili di farina, con il lievito madre religiosamente curato e rinnovato.
Da quanti anni producete queste frese?
Io me le ricordo da sempre. Ero bambina e aiutavo mia madre, mia nonna e le zie nel forno di famiglia.
Lievito madre o lievito di birra?
Sempre con lievito madre, perché usiamo l’impasto del pane, che viene nuovamente mescolato con altra farina. Poi si fanno le forme, a ciabatta, a ciambella o piccole e rotonde e si fanno lievitare di nuovo, per 4/5 ore. Si fanno asciugare sui teli e poi si infornano. Si tolgono ancora bianche, si lasciano raffreddare e si tagliano, una volta si faceva con il filo. Poi si infornano di nuovo. Qui bisogna stare attenti perché se il forno è troppo caldo si bruciano e se non lo è abbastanza rimangono morbide.
Come sono nate le fresine?
Una volta il pane non si faceva tutti i giorni e i panifici non erano sotto casa, così c’era la necessità di conservarlo. L’idea di biscottarlo è stata copiata dai marinai che stavano in mare per mesi e così avevano il pane tutti i giorni. Per ammorbidirlo lo bagnavano con l’acqua di mare. La forma a ciambella, con il buco al centro, facilitava il trasporto infilandole in uno spago o in un bastone.
Ecco, magari oggi l’acqua di mare non è molto consigliabile. Però la fresa è rimasta nella tradizione del meridione ed è apprezzata anche al Nord. Ci rivela la sua ricetta, o c’è un segreto particolare?
La ricetta è facile, ma il segreto è nelle mani di chi impasta e negli ingredienti. Prendiamo le farine in un mulino che ce le macina su richiesta, solo farine pugliesi e lucane. E poi c’è l’acqua della Sila, che è purissima e unica.
Come dire che noi non riusciremo mai a farle così buone.
La ricetta della frisella
Per chi volesse cimentarsi nella preparazione casalinga, ecco una ricetta.
Ingredienti:
- 1 kg. di farina 0 (800 g se usate il lievito madre)
- 10 g di lievito di birra fresco (o 250 g di lievito madre)
- 600 ml circa di acqua tiepida (550 ml con il lievito madre)
- Un cucchiaino di sale
Sciogliere il lievito nell’acqua ed iniziare ad impastare versando l’acqua nella farina poco alla volta. Aggiungere il sale e continuare ad impastare. Ci vorranno almeno 20 minuti e l’impasto deve essere morbido, ma non appiccicoso.
Coprirlo con uno strofinaccio e lasciarlo lievitare fino al raddoppio (8/10 ore).
Dividerlo in 10/12 pezzi, formare dei filoncini e lasciare lievitare di nuovo.
Allungare i filoncini, chiuderli a ciambella (oppure schiacciarli come le ciabatte) ed infornare a 200° per un quarto d’ora circa, devono restare bianche.
Lasciarle raffreddare e tagliarle a metà.
Rimettere in forno con la parte interna in alto e cuocere per un quarto d’ora a 170/180° e mezz’ora a 140°, controllandole spesso per non bruciarle.
Fonti
Le origini della Frisella salentina
Friselle cibo di mercanti e navigatori
Testo di Anna Calabrese
Immagini di Anna Laura Mattesini
Intervista e ricetta di Anna Laura Mattesini