Blog post

Tordo matto è il nome curioso e insolito di un involtino allo spiedo tipico di Zagarolo, una ridente cittadina di origini medievali alle porte di Roma situata sul ramo meridionale della via Francigena. L’involtino è preparato con le fettine sottili di carne di cavallo marinate nel forte e robusto vino rosso locale, condito con un battuto di lardo di maiale mescolato al pepe, coriandolo e un mix di spezie, sconosciute, come è giusto che sia, ai non addetti ai lavori. Tale involtino viene chiuso ai lati, arrotolato e sigillato con gli stuzzicadenti per essere infilzato insieme agli altri su uno spiedo più lungo e successivamente cotto sulla brace. I tempi moderni consentono anche la cottura in padella con l’aggiunta del famoso “goccetto di vino bianco” ma la cottura sulla brace, senza si e senza ma, è decisamente “la morte sua”.

Laddove c’è un nome particolare di una pietanza la risposta viene quasi sempre nascosta in una leggenda popolare. Infatti, durante il sacco di Roma compiuto dai Lanzichenecchi anche le cittadine più piccole come Zagarolo erano trasformate nei campi di battaglia e molti abitanti si erano rifugiati nelle campagne circostanti. Si narra che un soldato lanzichenecco ferito con il cavallo morente capitò in una capanna nei pressi di Zagarolo dove erano nascosti due anziani contadini. Lo curarono e alla sua richiesta di cibo gli offrirono quel poco che avevano ma lui si rifiutò di mangiarlo minacciandoli con la sua lancia e urlando nella sua lingua, incomprensibile all’anziana coppia, la parola “drossel”. Come nelle migliori storie il cavallo morì e l’anziana donna, aiutata dai vicini, ne ricavò le fettine sottili che aromatizzò con il lardo, erbe e spezie ottenute quasi sicuramente per baratto e realizzò gli involtini. Infilzati sulla lancia del soldato e cotti sulla brace il Lanzachinecco li mangiò avidamente bevendo del vino fino ad ubriacarsi. Per tutta la notte pare che cantasse la parola “drossel” come un matto, a detta dell’anziana coppia, ma la mattina dopo ormai non c’era più. Visto che la parola drossel in tedesco significa “tordo” l’involtino che piacque alla comunità venne chiamato Tordo del matto e più in là semplicemente Tordo Matto.

Un grazie infinito e l’ammirazione sincera va all’Associazione culturale Bubbulà (http://www.bubbula.it/) per l’entusiasmo e la passione nell’organizzazione della Sagra del Tordo Matto di Zagarolo ma anche per la generosità con la quale ci hanno raccontato tutte le nozioni in loro possesso che riguardavano la preparazione e la storia di questo paraticolare spiedino.

testo e immagini di Marina Bogdanovic

 

Previous Post Next Post