In principio era la bruschetta, il semplice pane bruscato, nell’Italia Centrale, Meridionale ma anche altrove. Dal verbo abbrustolire sicuramente ma forse anche da brusca, per via di una certa assomiglianza con la spazzola per pulire i cavalli dai peli.
In principio era la fettunta, in Toscana. Abbrustolita sulla brace, strofinata ben bene con uno spicchio d’aglio, condita con l’olio extravergine d’oliva senza risparmiare troppo e un pizzico di sale.
La bruschetta (in Toscana fettunta) è ovunque dove c’è il pane buono, quello che una volta veniva cotto nel forno del paese una volta alla settimana, e laddove ci sono i contadini o gente povera che per esigenza, buon senso e di seguito per modo di fare non hanno mai concepito nessun tipo di spreco. Scottare le fette di pane sulla legna ardente del forno o del camino significa ridare la vita alla pagnotta ormai rafferma mentre impreziosirle con l’olio nuovo e profumato vuol dire trasformarle in uno spuntino semplice e gustoso. Da lì ad aggiungere i pezzetti di pomodoro fresco, qualche cappero oppure oliva schiacciata ma anche un po’ di ricotta con un filo di miele o un pizzico di zucchero la strada è stata breve. Ormai la bruschetta è diventata un antipasto sempre più sfizioso e non di rado sembra un vero piatto unico.
Prima di entrare con la marcia trionfale nei ristoranti più o meno alla moda in Italia e all’estero, la bruschetta faceva parte della vita di tutti quelli che sono cresciuti giocando per strada, sbucciandosi le ginocchia, saltando sugli elastici ma anche annoiandosi nei pomeriggi mentre pioveva. Era la merenda che veniva consumata di corsa cercando, senza riuscirci, di non sporcarsi i troppo i vestiti temendo sempre l’antesignano del metodo Montessori, tanto caro alle mamme e alle nonne di una volta….
Testo di Marina Bogdanovic
Infografica a cura di Marina Bogdanovic e Acqua e Menta
Immagini di Monica De Martini