Per questa giornata interamente dedicata al cibo da strada, Le Voci degli altri vi portano in giro per il mondo, a scoprire come e cosa si mangia nelle vie di altre città e paesi. Occhi, culture e penne diverse vi offriranno oggi un viaggio culinario speciale.
Li abbiamo ordinati in ordine alfabetico, per non far torto a nessuno. Seguiteci!!!!
Bangkok
(di Yanai Ben Gal)
L’odore pungente del peperoncino, le sedie e tavoli che scricchiolano e il cibo tra i più saporiti e a buon mercato del mondo. È l’esperienza culinaria che tutti dovrebbero provare almeno una volta nella vita. A Bangkok, si può trovare cibo da strada praticamente ovunque e qualsiasi ora del giorno e della notte, eccetto il lunedì durante la giornata, quando le strade vengono ripulite e le bancarelle non possono aprire.
Lo street food a Bangkok ha tanti volti. Un carretto sul marciapiede, delle bancarelle in fila in un mercato o dei più moderni «Food Court». Spesso ognuno è specializzato in un solo cibo, altri, hanno un ventaglio di piatti da offrire. Dagli stir-fry in wok dall’aria antica, alle griglie su carboni incandescenti, ai noodles e Pad Thai con condimenti a scelta.
Non è facile riassumere la gran quantità di cibi che si possono mangiare per strada a Bangkok. I più iconici sono l’insalata di papaya verde, il riso fritto, i noodles con gamberi, il pollo al vapore servito sul riso, gli spiedini diversi di maiale, agnello, frutti di mare, pesce o ancora il famosissimo pesce grigliato al sale.
I noodles sono popolarissimi e offrono già in sé una vastissima gamma nella scelta. Scegliere il tipo e il condimento può diventare una scelta confusa. Possono essere di riso, molto sottili o più larghi; possono essere di soia, quasi trasparenti o all’uovo, più gialli e simili a spaghetti sottili, ma molto più lunghi. Freschi o secchi, di forme diverse per usi diversi. Con pollo, con anatra, con uovo, maiale, verdure, con frutti di mare o in una zuppa speziata da far lacrimare gli occhi.
Altri tipi di street food thai sono i vari curry serviti sul riso fragrante, che sono probabilmente la più economica delle opzioni. Nelle bancarelle di curry, varie vaschette con ingredienti diversi sono a disposizione e ognuno sceglie la propria combinazione.
Il miglior consiglio è provare. Andare però nei locali più affollati, che vi garantiscono ingredienti sicuramente più freschi.
I migliori posti sono: Chinatown e Bang Rak, dove la cucina thailandese si fonde con quelle degli immigranti cinesi, indiani e occidentali e le opportunità di scelta aumentano. È da diventarci matti, o andarci a vivere per provare tutto. La città vecchia, dove si trovano ristoranti di cibo da strada ormai leggendari, tra cui il Pad Thai Thip Samai, conosciuto per la sua fama di fare il pad thai migliore di tutta la città. E infine, intorno Saho Road e le strade che la circondano. Potrebbe dirsi che è il posto in cui si possono trovare una moltitudine di opzioni che sarebbe lunghissimo elencare.
Tantissimi altri cibi e sapori conformano il cibo da strada del paese, tanti che ci si potrebbe scrivere un libro, ma l’esperienza Thai va definitivamente provata e vissuta.
Berlino
(di Chiara Picoco)
Al primo accenno di sole primaverile le rive della Spree prendono vita. Siamo a Berlino.
Ci sono ancora solo 20 gradi ma per un tedesco l’inverno è finito e le strade si popolano di gente.
Le spiagge artificiali che costeggiano il fiume diventano scenario di picnic improvvisati: i Bräzel la fanno da protagonisti, ancora caldi e fragranti con le pepite di sale bianchissimo che risaltano sulla superficie marrone. Vengono consumati nella loro semplicità o farciti come panini ma la cosa più importante è che ci sia un boccale di birra freddissima ad accompagnarli.
Ad ogni angolo della città si trovano Imbiss che sfornano Flammkuchen, sono pagnotte cosparse di pancetta e formaggio gruviera. La crosticina che si forma sulla superficie sprigiona un profumo inconfondibile una volta uscite dal forno, soprattutto all’interno delle stazioni della metropolitana. E’ l’odore di Berlino.
Alla fine dell’estate le mani torneranno a scaldarsi intorno a tazze bollenti di Glühwein e si gusteranno rondelle di speziati Currywurst alla senape e piccanti porzioni di Kartoffelsalat intorno ai tavoli di legno dei Kiosk.
I Weihnachtsmärkte, con le loro luci e musiche evocative, saranno il ritrovo nei giorni che precedono il Natale. In questo periodo sono i dolci i protagonisti dello street food: bastoncini di mele caramellate, profumatissimi Lebkuchen e Quarkkeulchen alla canella.
Non mancheranno di certo i Berliner, cugini dei nostri bomboloni alla crema, che qui si mangiano rigorosamente fritti e ripieni di marmellata di lamponi. Leccare i granelli di zucchero che resteranno sulle dita sarà l’unico buon motivo per togliersi i guanti nei freddi inverni berlinesi, ma presto tornerà la primavera e le rive della Spree, silenziose nei lunghi e freddi inverni, torneranno a vivere.
Costa Rica
(di Eleonora Colagrosso)
Il concetto di cibo da strada in Costa Rica non esiste. In questo piccolo paese Centroamericano si parla piuttosto di «Comida de Turno», ovvero, cibo di festa patronale, che abbraccia perfettamente il concetto nostrano di street food.
Il più famoso di questi piatti è il Gallo de Turno, uno stufato di patate e carne sfilacciata, servito su una tortilla appena fatta a mano, la quale si piega e si mangia a tavola o anche camminando. Altri Gallos (tortillas fresche con qualcosa sopra) formano parte dei cibi di festa dei costaricani, come quello di arracache, una radice della famiglia del sedano; quello di Salcichón, un salume da cuocere alla griglia o fritto o ancora di carne, di maiale, o di Chayote, un frutto della famiglia delle zucchine, che si cuoce stufato con chicchi di mais, con o senza carne. Si potrebbe dire che il gallo è il cibo da strada costaricano per eccellenza, proprio per la versatilità e la gran varietà dei ripieni disponibili.
Il mais è sempre l’ingrediente d’onore. Tortillas a parte, sono molto apprezzati i Tamales, una massa di farina di mais, strutto e altri condimenti che si guarnisce con carne, pollo e verdure e si cuoce nelle foglie di banano. I Tamales si mangiano abitudinariamente a merenda, accompagnati dal caffè del pomeriggio. Tamal e caffè in Costa Rica sono un connubio inseparabile, un matrimonio che dura da secoli.
Molto tradizionali in ogni turno, sono anche le Chorreadas de Elote, una specie di crêpe, che si preparano sgranando le spighe di mais freschissimo e poi macinandone i chicchi in modo da ottenere una pasta a cui si aggiunge zucchero e si cuoce su una piastra. Il risultato è una specie di tortilla dalla consistenza più grossolana e sapore più dolce, che si mangia in genere con una generosa cucchiaiata di panna acida.
Al mattino non potrà di certo mancare il Gallo Pinto, la colazione tradizionale centroamericana, composta da riso e fagioli, servita con uova e panna acida o formaggio fresco. A ora di pranzo, per chi ha voglia di sedersi in compagnia, sarà disponibile un Casado (tradotto letteralmente, Sposato), un piatto composto da un tipo di carne a scelta, un’insalata di cavolo cappuccio, uno stufato di patata o di chayote e una buona porzione di riso, tutto servito nello stesso piatto o, in alcuni posti, su un tagliere di legno rivestito con una foglia di banano.
E da bere? In Costa Rica non manca mai il caffè, consumato a tutte le ore, ma anche il Fresco, che consiste in frutta frullata in abbondante acqua zuccherata. Ananas, papaya, cas (frutto acido della famiglia della guayaba), mora e una limonata dolcissima sono i più comuni da trovare.
Anche le bevande alcoliche sono abbondantemente disponibili. Il Costa Rica produce birre industriali di cui i costaricani sono fierissimi consumatori; senza dimenticare il Guaro, la bevanda nazionale, prodotto dalla distillazione del succo di canna da zucchero.
Giappone
(di Annalena De Bortoli)
I kombini, negozietti a lungo orario di apertura, nella cultura del Giappone contemporaneo sono la risposta alle piccole botteghe di street food un tempo abbondantemente diffuse ovunque. Le botteghine classiche invece, piccolissime e molto pulite, ora si trovano facilmente nei piccoli centri, mentre nelle metropoli le si incontra, leggermente artefatte, nelle zone a specifica vocazione turistica. Per gustare street food autentico conviene inoltrarsi nei mercati rionali, aggirarsi nelle viuzze popolari attorno alle stazioni o, apoteosi del gusto, frequentare i matzuri, feste di strada paragonabili alle nostre sagre.
Nei kombini si trovano sostanzialmente specialità “standardizzate” conosciute e simili in tutto il Paese, servite dal banco fresche (o meglio: bollenti!) come l’oden, una zuppa “componibile” a scelta con i propri bocconi preferiti, oppure confezionate sugli scaffali, come gli onigiri, i triangoli di riso farciti resi famosi dai cartoni animati giapponesi.
mazu-zushi
Il vero street food giapponese invece, quello che si trova nelle botteghine nascoste e negli yatai (bancarelle) dei matzuri, propone grandi classici dello street food nipponico come il kara-age (pollo fritto), gli ayoyaki (pescetti al sale, alla brace) e gli ika-yaki (calamari grigliati), o i golosi tai-yaki (dolcetti alla piastra farciti), oramai famosi anche fuori dal Giappone.
takoyaki
A volte si tratta di specialità locali diffusesi nel tempo in tutto il Paese, come i takoyaki (frittelle di polpo) del Kansai o gli hone senbei (lische di gronco croccanti) di Narita, ma altrettanto spesso si trovano in ogni cittadina prelibatezze più legate alle specialità o ai gusti locali, difficili da trovare fuori dalla regione, tipo i nikumaki onigiri (involtini di riso e carne grigliati) di Miyazaki, zona rinomata per gli allevamenti bovini, i mitarashi-dango (dolcetti di riso con sciroppo di soia) tipici del gusto dolce-salato di Kyoto, o i mazu-zushi (riso pressato con trota e foglie bambù) di Takoyama, nelle cui acque si pesca lo squisito amago, particolare varietà di trota salmonata.
hone-senbei
Una nota a parte merita il fenomeno degli ekiben, i lunch box venduti nelle stazioni ferroviarie, diversi in ogni paesino e quartiere di grande città. Sono destinati alle persone che viaggiano, sia turisti che pendolari, ma anche a chi cerca un pranzo veloce da consumare al volo, rientrando in questo senso nella categoria dello street food. Ciascuna località propone pasti completi da asporto costituiti dalle specialità del luogo, spesso racchiusi in contenitori particolari che poi restano come ricordo. Ne è un esempio l’ekiben della stazione di Fukuyama, nella prefettura di Hiroshima famosa per le sue ostriche: la scatola ha forma di shamoji (spatola da riso) e contiene ostriche preparate in modi differenti, oltre a riso e verdurine.
ekiben
Gran Bretagna
(di Valeria Caracciolo)
Dei gusti e delle abitudini alimentari inglesi conosciamo bene cosa mangiano a colazione, cosa mangiano con il tea ma, durante la giornata, cosa e come mangiano gli inglesi?
La risposta é di tutto, ovunque e praticamente ad ogni ora.
Se vi trovate in giro in una qualunque città inglese al mattino, probabilmente la maggior parte delle persone gira con un bicchierone di te o caffé da take away in mano, rigorosamente bollente, anche in bicicletta, anche sotto la pioggia.
Si é fatto mezzogiorno e ve li ritrovate seduti in un prato (se il tempo permette) a mangiare un sandwich o una pie, o magari un wrap.
Nel pomeriggio probabilmente stanno mangiano un muffin o un doughnut, o ancora, uno dei miei preferiti, un Ben’s cookie.
Alle 18 non c’é più nessuno! Tutti a casa per il tea, che in realtà é la cena.
Insomma, gli inglesi saranno forse i consumatori di cibo meno “fussy” del mondo ma amano il cibo e, negli ultimi tempi, apprezzano quello buono.
Ed é per questo forse che lo street food qui ha tanto successo.
Ma street food non vuol dire solo veloce ed economico.
E’ lontana l’epoca Vittoriana con le sue penny pies, forse il primo vero street food inglese, pie di carne preparata con tagli di scarto che potevano essere acquistati per un penny (ricordate la storia di Sweeney Todd?).
Lo street food in Inghilterra ormai fa rima con artigianale, locale, biologico.
Per quanto la proposta sia particolarmente variegata e copra ogni cm quadrato del pianeta, il vero street food inglese potete assaporarlo nei tantissimi mercati e food festival che si svolgono quotidianamente in tutto il paese.
Ci sono alcuni mercati permanenti in cui potrete assaporare cibi provenienti da tutto il mondo praticamente ogni giorno come il Camden Market, nel quartiere forse più incredibile di Londra o il famoso Portobello, soprattutto durante i weekends.
Ancora nei weekends ed ancora a Londra, visitate il Borough Market, ultimamente purtroppo famoso per altri tristi motivi. Ma potete trovarli ovunque nel Regno Unito.
Io ho la fortuna di vivere in una zona molto viva da questo punto di vista e mi sento di consigliarvi fortemente il St Nicholas Market a Bristol. Centro nevralgico di tutti gli amanti del cibo della zona, é diviso in tre parti, The Glass Arcade, Covered Market e l’Exchange, ed é anche il luogo dove spesso si svolgono fiere, mostre e ogni tipo di evento.
Inoltre non perdetevi i Farmers Markets, che si tengono settimanalmante in ogni città inglese, dove potrete assaporare ancora una gran verietà di cibi da strada ma anche molti prodotti locali ed artigianali.
Tra i classici street food inglesi abbiamo la pie. Dalla più classica pork pie, alle vegetariane, con blue cheese, aromatizzate alla Ale o ancora i Cornish pasties, pies prevalentemente di carne, a forma di mezzaluna, tipici della zona della Cornovaglia e Devon.
Ma forse la prima cosa che verrà in mente a tutti é il fish and chips.
Si tratta di pesce bianco, tipicamente il merluzzo o l’haddock (pesce englefino, simile al merluzzo), ma anche salmone, fritto in una pastella molto densa in modo fa creare uno strato abbastanza spesso intorno al pesce, spesso viene usata anche la birra per aromatizzare la pastella, generalmente una Ale.
La pastella é il vero segreto per la riuscita del fish and chips che non deve assorbire troppo olio e deve rimanere compatta ed uniforme.
Il pesce viene accompagnato da patatine fritte tagliate molto spesse, il che le rende meno caloriche delle french fries perché assorbono meno olio. Dettaglio quest’ultimo direi irrilevante visto che nel complesso non si tratta di un piatto proprio dietetico.
In genere viene servito ancora con mashy pies, una purea di piselli ( che trovate in quasi ogni piatto della cucina inglese), salsa tartara e limone.
Un vero comfort food per tutti gli inglesi.
Grecia
(di Irene Giazitzoglou)
Gli atteggiamenti apparentemente opposti dei greci di approcciarsi al cibo hanno tutti la medesima matrice: l’amore per il cibo semplice e saporito. Così, se da una parte si assiste a un lentissimo consumo di piatti e piattini che può durare anche svariate ore, dall’altra non si può fare a meno di stupirsi per la grande quantità di cibo consumato velocemente per strada, offerto da un’ infinità di locali, localini, ambulanti e food trucks. Ma non c’è contraddizione; sin da epoche antiche il popolo greco è stato un popolo che ha vissuto e ama tutt’ora vivere la maggior parte del suo tempo all’aperto. Per quanto lo stile di vita moderno abbia uniformato molte delle peculiarità dei popoli, il greco verace ama stare fuori casa.
Il clima certamente aiuta ma è fondamentale una mentalità aperta, curiosa e socievole. Un giro al centro ma anche nelle periferie di Atene, del Pireo, di Salonicco o di altre città vi convinceranno della veridicità dell’affermazione che un popolo che passa molte ore all’aperto è all’aperto che cerca di procurarsi del cibo che deve essere veloce, economico e sfacciatamente goloso, al limite dell’insolenza!
I locali già numerosi che offrono street food sono aumentati vertiginosamente negli ultimissimi anni. Ai classici greci, pannocchia arrostita, koulouri e souvlaki se ne sono aggiunti degli altri, sapori esotici: falafel, bao bun, tortillas, pizza e focaccia, fish and chips, balik ekmek. Sono moltissime le nuove aperture che puntano sulla tendenza più glamour di questi ultimi anni; i greci apprezzano e non poco.
L’Athens Street Food Festival che si è svolto per il secondo anno nel mese di Maggio, ha avuto un’affluenza da capogiro; migliaia di persone pronte a gustare street food da tutto il mondo, street food gourmet, senza dimenticare lo street food ellenico che è sempre il primo amore che non si scorda mai!!!!
Il koulouri (pane a forma di ciambella ricoperta di sesamo) è un classico street food da molti decenni. Venditori appostati all’angolo della strada ne propongono di diversi tipi: liscio, farcito con formaggi e salumi per la versione salata oppure con creme varie per la versione dolce. E’ lo spezzafame più diffuso in assoluto ma diventa spesso anche la colazione preferita degli ateniesi frettolosi. Le golosissime torte salate e dolci (pasta fillo o pasta sfoglia con farciture varie e cotte al forno) le tyropita, spanakopita, zambonopita, melitzanopita, bougatsa, galaktoboureko e via a fantasia sfrenata che si vendono ai forni oppure a locali dedicati, spesso diventano un pranzo veloce ma anche uno spuntino seppur parecchio calorico per i più golosi.
Il nostro street food più conosciuto e probabilmente più amato, e intendo ovviamente il Souvlaki, generalmente viene riservato alla sera.
Un wrap di pane pita che raccoglie gyros di maiale o di pollo, pomodoro, cipolla e tzatziki nella sua versione classica. “Me ap’ola” si dice ordinandolo, cioè “con tutto” non omettere nessun ingrediente. Avvolto nella carta e mangiato a morsi, necessita indubbiamente di un buon numero di fazzoletti di carta per pulire bocca e mani!!!!!
Il kalamaki, che nella formula di cibo da strada sembra abbia nella città di Livadià la sua patria, è una variante decisamente meno impegnativa sul tema; uno spiedino di carne di maiale o di agnello arrostita, si serve con una fetta di pane tostato sulla piastra e uno spicchio di limone. Si dice che generalmente viene preferito da chi sta attento alle calorie che ingerisce, ma non credeteci. Sono talmente golosi, che raramente ci si ferma a 1 o 2.
Molto amati sono anche i sandwiches con ricche e fantasiose farciture. Personalmente ho u vivissimo ricordo, anche se sono passati molti anni, di un locale nel centro del Pireo, in piazza Teatro Comunale, dove tra una ventina di vaschette che contenevano dalle uova allo tzatziki, si sceglieva la farcitura in base al desiderio del momento, spesso parecchio stravagante!
Un bicchierone con qualche bevanda dentro e l’immancabile cannuccia per bere accompagna spesso il cibo scelto. Usanza importata dagli States, ma noi l’abbiamo tagliata e cucita su misura, adattandola al nostro modo di intendere e di volere il cibo.
Israele
(Di Micol Hillman)
Sulla scena mondiale, per anni il falafel è stato lo street food israeliano per antonomasia. È certo che queste polpette di ceci fritte, calde, croccanti fuori e morbide dentro, piccanti il giusto e comodamente inserite nel loro pan pita, sono sempre li, ma non sono sole.
I mercati Israeliani offrono una gran varietà di cibi, come varia è la popolazione del paese, che viene da tutte le parti del mondo. Tuttavia, tutti gli israeliani si sono adattati anche al cibo locale, preso in prestito dai vicini arabi, che oggi forma il panorama della nostra cultura di cibo da strada. In qualsiasi città Israeliana vi troviate, il cibo cambia poco. C’è chi dice che Tel Aviv sia il paradiso per i foodies, altri invece sostengono che non esiste nulla comparato a Gerusalemme in quanto a cibo da strada.
Se di ceci si tratta, l’hummus è uno dei nostri cibi preferiti. È saziante, nutriente ed economico e non si ha bisogno di posate per mangiarlo. Basta un pan pita e il gesto di polso giusto. L’hummus è servito sempre con un po’ di tahini extra e bagnato di olio d’oliva nostrano e spolverizzato a volte con paprika.
Negli ultimi anni il Sabikh è diventato uno dei più popolari tra i cibi da strada israeliani. Originalmente era il piatto da colazione di Shabbat degli ebrei iracheni e consiste in un misto di melanzane fritte, uova che hanno cotto lentamente tutta la notte, aromi, tahini e una salsa al mango simile a un chutney indiano chiamata ambah. La versione da strada da strada comprende tutto questo, come ripieno di un pane Pita, con l’opzione di un’insalata israeliana, patate lesse e/o salsa piccante.
Altri due cibi tipicissimi sono il Shashlik e il Kebab. Il primo è composto da pezzi di carne infilzati in uno spiedino e poi cotti alla griglia; il secondo, è invece fatto di carne macinata, con aggiunta di prezzemolo, cipolla e aglio con la quale si avvolge uno spiedino prima di grigliarlo. Rimanendo sempre in ambito della carne, non può mancare nella lista il Shwarma, i cui ritagli di carne sono serviti dentro una Pita o una Laffa, e poi arrotolato come un wrap.
Da non dimenticare è il nostro cosiddetto piatto nazionale, la Shakshuka. A colazione, pranzo o cena, l’esperienza israeliana non potrà mai essere completa senza questa preparazione di uova cotte in uno stufato di verdure piccante. La shakshuka è immancabile in tutti i mercati israeliani, ma vale sempre la pena chiedere ai locali dove mangiarla, per non capitare in luoghi troppo turistici, cari e con poco gusto.
Le Burekas ripiene di formaggio o di patate o con spinaci, croccanti e appena uscite dai forni, sono una deliziosa opzione per chi va di fretta e vuol mangiare in piedi e camminando. Le diverse Baklawa, knafeh, noci e semi croccanti e le olive di ogni tipo, sono invece perfetti per snack veloci.
Sempre più popolari e ormai in quasi ogni angolo di strada, almeno a Tel Aviv, sono i venditori di succhi di frutta freschi in diverse grandezze di bicchiere. I succhi di frutta o verdura, sono preparati al momento davanti ai vostri occhi e sono un’opzione rinfrescante soprattutto durante l’estate torrida in queste latitudini.
New Delhi
(di Eleonora Colagrosso)
Riassumere il cibo da strada della capitale indiana in poche righe è assolutamente impossibile, perché quel « da strada » qui diventa assolutamente superfluo. Mangiare di fretta, per strada a qualsiasi ora è un qualcosa di culturalmente atavico, qui. Oserei dire che, in fin dei conti, tutta la cucina indiana, o quasi, è cibo da strada in sé. Basti pensare che solo le case più moderne posseggono una cucina vera e propria e in genere è un antro buio, con utensili basici, come se fosse li solo per le emergenze.
Non conta il ceto sociale o la casta, l’indiano che ha due soldi in tasca e ha fame, mangia per strada. Chiariamoci, il concetto è anche quello: mangiare negli stand nei mercati o sui marciapiedi, risulta molto più economico che il fatto in casa, per la maggioranza di un popolo che vive alla giornata.
A New Delhi converge gente da tutti gli stati del subcontinente, per cui nelle bancarelle di cibo situate un po’ dappertutto, si possono trovare piatti di ogni provenienza. La cucina dell’Impero Moghal e quella del Nord dell’India, tuttavia, sono decisamente quelle più presenti. Un giro nei mercati più frequentati come Sarrojini, Lajpat Nagar o una visita all’intrigante Old Delhi, può dare un piccolo assaggio del cibo da strada preferito degli abitanti della Capitale.
La frittura impera, ma guai a guardare il colore dell’olio. Meglio concentrarsi sul cibo in sé.
Una passeggiata con un indiano in uno dei mercati, può dare un’idea di quali, tra le decine di preparazioni disponibili, sono i preferiti dal gusto locale.
Il Chole Bathure è probabilmente il preferito di tutti. Il piccante e brodoso stufato di ceci, è accompagnato da cipolle in salamoia e grandi peperoncini verdi semicotti. Servito con il più grande dei pani fritti indiani, il Bathura, questo piatto originario del Punjab fa venire l’acquolina in bocca solo a guardarlo.
Le Moong Dahl Pakoda sono il preferito del mio accompagnante indiano. Sono delle crocchette di farina di lenticchie fritte, sono originarie del Bengala. Si accompagnano con daikon grattugiato e si condiscono con chutney alla menta e una salsa piccantissima al tamarindo. Se vi piacciono i sapori decisi, questo fa sicuramente per voi.
Il Chaat, uno dei cibi più popolari è forse il più difficile da descrivere. Originario del Uttar Pradesh, è diventato poi uno dei cibi preferiti di tutto il Sud Asiatico. È composto di una palla di pane fritta e poi bucata, nella quale si inseriscono diversi tipi di ingredienti. La più comune delle farciture è a base di patate e ceci in una salsa acidula a base di peperoncino, tamarindo e zenzero, il tutto sormontato da una buona dose di yogurt e foglie di coriandolo. L’insieme di spezie, piccante, acido e dolce è unico nella sua specie.
Kachori sabzi. Ancora frittura. Questa volta la paste di pane non lievitata fritta, contiene un ripieno molto speziato a base di legumi. I legumi cambiano da venditore a venditore, da posto in posto. Basti pensare che l’India produce pi`di 60 varietà di leguminose. Qui il kachori è servito con il sabzi, un particolare curry di patate.
Le più conosciute samosas, o le pakoras di verdure diverse o di peperoncino verde intero e una specie di tramezzino immerso in una pastella e poi fritto, fanno parte degli snack preferiti dei mercati di New Delhi. Ma attenzione, esistono anche opzioni non fritte. Poche, ma esistono.
I venditori di patate dolci alla griglia e di spighe di mais, durante la stagione, sono sempre presenti e, ambulanti, si muovono nelle stradine dei quartieri di Delhi. Di non fritto esistono anche i pani vari, tra cui le paratha, i naan e il più semplice chapati, o gli spiedini tipo kebab, e, ovviamente tutte le carni cotte nei tandoor ai lati delle strade. Queste ultime sono più rare da trovare nei mercati e sui cigli delle strade nazionali, poiché la maggior parte degli indiani sono vegetariani.
Parigi
(di Michael Meyers)
Non solo di stellati vive il parigino e certamente neanche i turisti. Di certo Parigi non è la mecca mondiale dello street food, ma la capitale francese non ne è del tutto sprovvista.
La cucina francese non è fatta unicamente di alta cucina. Alcuni dei migliori cibi della capitale si possono comprare a pochi euro da umili panetterie. Parigi ha la più alta densità mondiale di panetterie artigianali di gran qualità, bisogna solo chiedere ai parigini veri dove andare per non ritrovarsi a mangiare prodotti industriali surgelati.
Il più classico cibo da strada è certamente il panino con la baguette, il pasto per eccellenza delle persone che lavorano e degli studenti affamati. Il preferito dei francesi è senza dubbio il jambon-beurre (prosciutto e burro), che fatto bene, con prodotti francesi doc, è imperdibile.
Simile, ma non uguale, è il Croque Monsieur, disponibile a ogni ora. È quasi quello che voi italiani chiamate toast: un trasudante e croccante panino quadrato con prosciutto e formaggio e un tocco di besciamelle. Per i più affamati, il Croque Madame viene in aiuto. È la stessa cosa, ma con l’aggiunta di un uovo fritto in cima. Più difficile da mangiare « on the go » o in piedi, ma i golosi sapranno trovare un modo.
Per i più mattutini, per chi cammina tra le strade di Parigi nelle prime ore del mattino, quando più di mezza città ancora dorme, il premio si chiama Croissant. All’alba, per le stradine l’odore di burro fuso e zucchero tipico dei croissant è ammaliante. È l’ora giusta per un croissant che esce dal forno, se siete abbastanza fortunati da trovare una panetteria che li fa ancora a partire da zero, e non da surgelati. Chiedete intorno a voi, i vicini sono sempre informati in quale angolo si fanno ancora come si deve.
In giro per Parigi, i venditori ambulanti di crêpes sono dappertutto. Uno dei pochi street food nativi sono proprio le crêpes, ideali per uno snack dolcissimo nel pomeriggio. Presi d’assalto alle uscite delle scuole, questi piccoli stand offrono crêpes appena fatte con una gran varietà di ripieni, dal più classico e francesissimo zucchero semolato, al burro e zucchero, marmellate e cucchiaiate di Nutella.
Da non dimenticare sono i prodotti di pasticceria veri e propri. Un Paris-Brest, un éclair e anche qualche macaron, faranno la gioia degli amanti del cibo da strada più golosi e dal palato dolce.
A Parigi abbondano inoltre gli street food delle antiche colonie, che ormai fanno parte della cultura culinaria cosmopolita della città. Le salsicce Merguez grigliate, i kebab, shawarma e le delizie vietnamite ne sono gli esempi più comuni.
Singapore
(di Alessandra Gennaro)
Capitale mondiale del cibo di strada, al punto da vedere insigniti 5 stalls delle stelle Michelin, (unico caso nella storia, rinnovatosi recentemente anche quest’anno) Singapore ha lo street food nel DNA della sua storia e della sua cultura. La vita dei Singaporiani, infatti, si è sempre svolta nei katong, villaggi di pescatori formati da agglomerati di palafitte con una fortissima coesione sociale: indipendentemente dai rapporti di parentela, bastava condividere lo spazio fisico del villaggio per sentirsi parte di un clan, compresi i rituali per cementificare questi legami. La condivisione dei pasti era il più significativo, talmente impresso nella cultura di questo popolo da essere stato addirittura preservato in tutti i piani urbanistici che si sono susseguiti nella storia della città, dai tempi di Sir Raffles in poi. Anche la grande rivoluzione degli HDB, l’quivalente delle nostre case popolari, prevede spazi comuni per la consumazione del cibo, con piccoli stand deputati alla vendita delle più comuni specialità.
Wanton Noodles
L’aspetto più singolare di questa abitudine si riflette anche all’interno delle case singaporiane, dove gli spazi per la cucina sono spesso angusti e male organizzati: negli edifici più “antichi” (il 2000 è “vecchio”, tanto per avere un’idea del significato da dare a questo termine) si possono trovare una wet kitchen, per cucinare, e una dry kitchen, per assemblare, mentre in quelli più moderni sono sempre più simili a dispense attrezzate. In nessun caso, comunque, troverete un tavolo, dove riunirsi per i pasti: questo è riservato alla sala da pranzo ma, più frequentemente, agli hawker market o ai food court.
laksa
Entrambi sono luoghi dove si compra e si consuma il cibo: immaginatevi i nostri mercati coperti, con il perimetro circondato da stalls e il centro attrezzato con tavoli e sedie, spesso da condividere con gli altri avventori. A questo proposito, la prima cosa da fare, entrati in questi luoghi, non è girovagare per i banchetti o mettersi in coda davanti a quello segnalato dalla Lonely, bensì riservarsi un posto a tavola. “Chop the table” è l’ordine che serpeggia dappertutto e che dà la misura anche del senso civico di questo popolo meraviglioso: appoggiate sui posti che intendete occupare qualsiasi cosa abbiate a disposizione e avventuratevi per la grande avventura del pasto quotidiano. Al vostro ritorno, troverete tutto, posti lasciati liberi e oggetti usati per prenotarli, cellulari compresi.
Braised Meat and Tofu
Gli stalls spesso sono specializzati in un solo piatto. Il Chicken rice, per esempio, uno dei piatti simbolo dello street food singaporiano, può essere declinato in vari modi, ma sarà venduto sempre nel posto del chicken rice. Non esiste, cioè, trovarlo nello stalls che vende pesce o in quello che vende zuppe o noodles e via dicendo.
E’ una questione di mentalità (gli Asiatici sono quelli dell’uno alla volta, per carità) e anche di organizzazione. Questi spazi sono infatti concessioni governative, per cui la preoccupazione principale è sempre quella di far felici tutti, il più possibile: i consumatori, che in questo modo possono trovare una grande scelta, e i commercianti, che non sono costretti a concorrente meno che leali. Poi, come dappertutto, è chiaro che la qualità paga.
Il criterio infallibile per mangiare bene è seguire la coda, ovviamente di locali. Dall’anno scorso, Singapore è entrata nei circuiti della Michelin e per la prima volta nella storia sono stati insigniti della stella alcuni di questi banchi (dalle stelle agli stalls, avrei intitolato l’articolo, se mai avessi avuto il tempo di scriverlo), a conferma di come lo street food in questa città sia tutt’altro che un ripiego.
Bak Kut Teh
Un’altra peculiarità che ci distingue dal resto del mondo è che qui si mangia sì per strada, ma da seduti e sempre con le posate, chopstick o forchetta e cucchiaio, a seconda delle portate che si ordinano. Mangiare con le mani è un atto di maleducazione sovrana, a meno che non si stia a Little India, dove invece è la regola. Ma nella parte cinese di Singapore, i piatti si dispongono su un vassoio e si consumano comme – il – faut. Alla fine, si lascia tutto lì. Ci penserà un inserviente a pulire. Altra raccomandazione: nei food court e negli Hawker market non esistono tovaglioli. Se non volete comprarli dagli stessi inservienti che puliscono il vostro tavolo, munitevi di fazzolettini di carta prima di entrare. Vi serviranno anche per “choppare” il tavolo.
Roasted pork set. Note: stock with chicken leg
I pasti costano pochissimo. Un plain chicken rice, comprensivo di pollo, riso, verdure saltate e brodo costa intorno ai 3 -4 euro, una zuppa di noodles con pollo o gamberi e verdure non arriva ai 5 e se poi volete tenervi leggeri, c’è sempre l’opzione del riso bianco con 2 0 3 contorni, leggera anche nel prezzo.
Questo è anche il motivo per cui i Singaporiani non cucinano a casa: perché non è “economico”, nel senso più ampio del termine. E se poi ci si aggiunge che si mangia praticamente a tutte le ore, ecco spiegata la ragione che ha fatto di questa città la vera capitale mondiale del cibo di strada, inteso non come un tratto di una cultura, ma come un’impronta indelebile nel DNA di un popolo.
A questo punto resta da chiederci, per quale destinazione prendiamo il prossimo biglietto?
Credits fotografici per il Giappone
takoyaki: https://food52.com/recipes/11570-takoyaki
hone: http://www.b-kyu.com/2012/01/tokyo-day-10-narita-unagi-don-eel.html
masuzushi: http://www.ilubgrub.com/2011/02/food-adventures-with-eva-marie.html …
ekiben a cura di Annalena De Bortoli
Si ringraziano Maria Grazia Viscito e Cinzia Martellini Cortella per le fotografie di Baguettes e Croissant per “Parigi”
Fotografia di copertina a cura di Irene Giazitzoglou