Di ricette, Julia Child ne ha divulgate tante. Ma la prima che ha segnato la sua vita non ha a che fare con la cucina, bensì con gli squali e i sottomarini Ma andiamo con ordine.
Se il baffuto Pellegrino Artusi ha unificato le abitudini degli italiani a tavola, Julia Child ha senza dubbio sprovincializzato quelle degli americani. Forse suona strano parlare di provincialismo in riferimento a una nazione che per decenni ha incarnato il sogno europeo, ma negli anni Sessanta la gastronomia statunitense era praticamente inesistente. Il fast food e i cibi pronti, apparenti simboli di modernità e progressismo che tanto appeal esercitavano da noi, certo non aiutavano lo sviluppo di una cucina degna di questo nome.
Simile, a livello personale, era la situazione originaria di Julia Child, che prima di sposarsi non aveva mai cucinato né dimostrato particolare interesse nei confronti del cibo. Furono il raffinato palato del marito e un viaggio in Francia che le dischiusero le porte del gusto, in una progressiva acculturazione culinaria che a tratti assunse la forma di un’epifania, come nel caso della famosa cena a Rouen, in cui ostriche e sogliola alla mugnaia le rivelarono appieno il potenziale dell’alta cucina.
Nel dopoguerra, dopo il diploma alla prestigiosa scuola de Le Cordon Bleu di Parigi – città in cui visse a lungo con il marito, funzionario del Dipartimento Esteri americano – e la frequentazione di vari chef francesi, lavorò per quasi dieci anni, insieme a due colleghe di corso, a quello che sarebbe stato il suo primo e più famoso libro di cucina: Mastering the Art of French Cooking (1961).
Dal taglio quasi enciclopedico (746 pagine per svariati kg di peso), ebbe il grande pregio di rendere comprensibili a chiunque ricette spesso complesse e apparentemente lontane dal gusto e dalla mentalità degli americani.
Inizialmente rifiutato dagli editori, una volta pubblicato ebbe grande successo e le aprì le porte della televisione. Bastò un’omelette cucinata in diretta, in occasione della presentazione del libro in una trasmissione televisiva, per scatenare lettere e telefonate di telespettatori che la richiedevano insistentemente sui propri schermi: i produttori non si lasciarono sfuggire l’occasione.
Nel 1963 andò in onda la prima puntata di The French Chef, il programma che Julia Child avrebbe condotto per numerosi anni a venire e che sarebbe entrato nelle case di tutti gli americani. Con il suo metro e 88 di altezza, la voce cinguettante di un uccellino e i modi gai e schietti, Julia conquistò subito gli spettatori: la sentivano genuina, alla loro portata, una figura rassicurante che non li giudicava. Chi altri poteva illustrare piatti da chef e al tempo stesso consigliare: “Se se sei sola in cucina e ti cade l’agnello per terra, raccoglilo. Chi mai lo verrà a sapere?”.
In un Paese ancora profondamente puritano, la Child sdoganò il gusto di mangiare, vissuto come uno dei pochi e irrinunciabili piaceri della vita. Impavida di fronte all’uso dei grassi (“se temi il burro, usa la panna”), ne rivendicò l’impiego fino alla fine, anche di fronte agli attacchi dei salutisti che dagli anni Ottanta in poi si fecero sempre più frequenti. É forse stata la prima a mettere in guardia contro le derive salutiste, che temeva ci avrebbero rapinato dal gusto di mangiare bene. E in questo è stata quasi profetica.
Grazie a lei – e ai numerosi libri e programmi che hanno costellato la sua carriera – le casalinghe d’America si avvicinano ai fornelli, si liberano del timore reverenziale per la cucina francese e si cimentano con tecniche e piatti che la Child riesce a demitizzare, anche grazie anche al suo modo di fare scanzonato e allegro. Come il nostro Artusi, anche Julia Child mai si definì chef ed ebbe sempre un approccio dal basso, capace di fare presa sulle persone di tutti i livelli.
Una vita tutt’altro che ordinaria la sua. Mentre Artusi trascorse quasi tutta l’esistenza in quell’appartamento di piazza D’Azeglio, a Firenze, dal quale era in contatto epistolare con cuciniere di tutta Italia, Julia Child viaggiò moltissimo con il marito e, ancor prima, fu impiegata nei servizi segreti americani durante la Seconda Guerra Mondiale, con missioni in Cina e Sri Lanka. Una vita avventurosa, partita sotto tutti altri auspici e terminata in cucina.
Ma la prima ricetta della sua vita comparve ben prima del successo planetario e poco ha a che vedere con i fornelli. In Sri Lanka, infatti, contribuì a mettere a punto la composizione di una miscela che tenesse lontani gli squali dai dispositivi bellici sottomarini, fungendo da repellente. Curioso inizio, per una donna che avrebbe trascorso il resto della vita ad accorciare le distanze tra le persone e il cibo.
Testi a cura di Alice Del Re
Fotografie dal web