Formato alla “corte” di Antonino Cannavacciuolo, Giulio Coppola, Jeunes Restaurateurs Europe, in Gragnano, capitale mondiale della pasta, appassionato di cucina, sin da piccolo alla ricerca di quei segreti e dettagli che trasformano un piatto da buono a ottimo, così presenta il suo lavoro: “L’interpretazione è in generale soggettiva, ma ciò che riteniamo molto importante è l’attenzione nel manipolare le materie prime e il conformarsi alla stagionalità dei prodotti che la Natura ci offre. Questo per far comprendere al commensale che la qualità eccellente della materia prima è la base della cucina del mio ristorante”.
Ci parli del piatto che ci presenta oggi la sua pasta al pomo d’oro
L’idea della pasta al pomo d’oro si allontana da quella che è l’immagine del classico spaghetto al pomodoro che rappresenta l’Italia ma soprattutto la Campania.
Mi era stato chiesto di preparare un primo piatto per un evento con una delegazione americana. Ho pensato alla pasta al pomodoro, il simbolo dell’Italia nel mondo, realizzando però un piatto diverso e nello stesso tempo un omaggio agli ospiti. Su questo primo piatto abbiamo applicato diversi preparazioni per richiamare il pomodoro in tutte le sue forme e consistenze, utilizzando diverse tipologie di pomodoro. La passata di pomodoro datterino giallo, il pomo d’oro, nella quale andiamo a cuocere direttamente la pasta, la conserva di pomodoro, l’insalata di pomodoro.
Un gioco di forme e consistenze?
Si, la conserva di pomodoro ricorda il pane e pomodoro che da bambini mangiavamo a merenda, nella ricetta viene emulsionata con olio divenendo più densa ed aerea. Col pomodoro di Sorrento si è scelto di dare un’ulteriore freschezza al piatto, giocando con forme e consistenze, riducendolo in una piccola dadolata, condita come un’insalata di pomodoro con sale olio e basilico, foggiata a quenelle per inserire una forma particolare. Il pomodoro non deve essere troppo maturo perché l’insalata di pomodoro preferisce un pomodoro meno maturo e più consistente quindi più sodo come masticazione. Mentre i tronchetti di gelatina ripieni di ricotta servono a richiamare la parte del formaggio della tradizionale pasta al pomodoro e rappresentano, per forma e consistenze, la parte più innovativa della ricetta che per il resto è tutta naturale.
Quindi le tre consistenze sono l’insalata di pomodoro, la passata di pomodoro e l’innovativa, la gelatina?
Si, la variazione di pomodoro potrebbe ulteriormente ampliarsi con l’inserimento di una quarta consistenza, quella del pomodoro secco.
Ci ha parlato di oro, l’oro di Napoli, quando ci ha dato questa definizione si riferiva al giallo del pomodoro che stiamo usando o all’oro nella sua essenza?
Si metaforicamente oro inteso come colore giallo intenso del datterino giallo che da qualche anno a questa parte sta spopolando anche nelle cucine più rinomate mentre in passato era stato messo un po’ da parte e oro come ricchezza del prodotto in sé fresco e conservato.
Ci spiega la tecnica della cottura risottata?
L’abbiamo definita una cottura risottata perché la pasta viene cotta direttamente nella passata di datterino giallo, cercando di creare una proporzione tra il liquido e la pasta. Quando poi l’acqua contenuta dalla salsa di pomodoro evapora anche perché assorbita dalla cottura della pasta aggiungiamo come per i risotti altro liquido, in questo caso un pò di acqua bollente, per consentire la cottura della pasta e trattenere tutta la parte dell’amido quindi l’altra parte buona della pasta.
La cottura risottata non modifica le caratteristiche della pasta anzi è un valore aggiunto perché andiamo ad addizionare tutta la parte amido che resta all’interno della preparazione, in questo caso all’interno del condimento.
Siamo a Gragnano, città della pasta per lei quanto è importante la pasta?
Per me è molto di più di un ingrediente, dalla sua scelta dipende molto della qualità dei piatti in quanto un’ottima pasta esalta i condimenti.
Sempre a proposito di pasta al pomodoro ci parla della barzanella?
La barzanella è il piatto tipico gragnanese, si tratta di un sugo di pomodoro fresco che si preparava soprattutto nel periodo della produzione delle conserve casalinghe, fine luglio, inizio agosto. Per la barzanella infatti si utilizzavano i pomodori usati per le conserve, il pomodoro della qualità lampadina o bottiglina, scegliendo tutti i pomodori più maturi o che avevano passato il punto di maturazione che quindi dovevano essere cotti subito e non potevano essere conservati. Tradizionalmente con la barzanella usava il formato di pasta a mafalda, quindi formato lungo con le onde, che si dice dice che richiamasse i capelli ondulati della regina.
Una particolarità della barzanella ma anche della pasta e fagioli, della pasta e ceci, della pasta e patate è il recupero. Nella nostra tradizione contadina nella preparazione delle pietanze si pensava ai due pasti da sostenere, il pranzo e la cena. A cena si recuperava quello che era stato il primo piatto del pranzo e lo si riportava la sera, quindi lo si faceva ripassato. Si aggiungeva dell’olio extravergine o della sugna e lo si ripassava in padella. Quello che non mancava mai nelle case di allora erano i tegami di rame. ottimo conduttore di calore, che trasmetteva ancora di più questa cottura che è abbastanza intenza anche come temperatura e che doveva servire per la classica scorzetta.
Nella sua versione la barzanella è accompagnata da una quenelle di ricotta mantecata.
La ricotta è un altro ingrediente locale, il fior di ricotta prodotto dai caseifici delle nostre zone che tradizionalmente andava ad arricchire la pasta col sugo di pomodoro.
Per gustarvi l’intervista dello chef qui di seguito trovate il video realizzato da Annarita Rossi per il Calendario del Cibo Italiano
Intervista a cura di Anna Calabrese, Anna Luisa Vingiani e Fabio D’Amore
Fotografie a cura di Fabio D’Amore