Se, per un motivo o l’altro, viaggiando per la Serbia vi dovesse capitare di essere invitati a casa di qualcuno non meravigliatevi se, dopo avervi fatto accomodare nel salone, sarete salutati con un antico rito di benvenuto che consiste in un assaggio di albicocche sciroppate (ma anche ciliegie bianche, prugne, fragole) accompagnate da un semplice bicchiere di acqua fresca!
E’ un’usanza prevalentemente cittadina che corrisponde all’usanza altrettanto caratteristica ma tipica delle campagne di offrire a chi entra in casa un pezzo di focaccia da intingere nel sale. Quello che nei confronti degli ospiti è un primordiale e quasi obbligatorio gesto di ospitalità che una volta concessa non può mai venire a mancare, per i membri della famiglia è una quotidiana consuetudine che dietro la sua semplicità nasconde la sensazione di serenità, beatitudine e riconoscenza.
Si usa dire ancora fra le generazioni nate prima della II guerra mondiale che una volta aperta la porta al viandante, e ogni ospite tradizionalmente lo è, bisogna offrirgli “quello che Dio ha creato e l’uomo ha preparato”, dargli rifugio, cure e se serve anche protezione, metterlo a proprio agio e farlo sentire parte della famiglia. L’ospitalità che da quelle parti, si sa, è sacra, ha le sue radici in un’ingenua, incosciente ma profonda percezione di inadeguatezza e quasi timore nei confronti di un estraneo soprattutto quando arriva da lontano e nel tentativo di creare un’immagine di se stessi e della casa all’altezza delle presunte aspettative dell’ospite.
Sono i modi e le usanze che si sono stratificati nel DNA di queste popolazioni durante i lunghi e molto bui secoli della storia e ci si chiede per quale motivo l’innevitabile diffidenza nei confronti degli estranei si è trasformata in un’ospitalità sacra e imprescindibile.
Molto probabilmente si credeva che i viandanti che bussavano alla porta fossero le creature divine oppure le anime degli avi che attraversando il solco di casa volessero tornare dall’aldilà ed è per impedire le loro ire che gli sconosciuti venivano inviati ad entrare e veniva loro offerto tutto quello di cui la casa disponeva. Uno delle più importanti divinità della mitologia degli Slavi era Radigost (ràd: gradevole, caro, gost:ospite), il protettore dei viaggiatori, degli stranieri e dell’ospitalità. La leggenda dice che Radigost puniva coloro che non erano disposti a prendersi cura dei viaggiatori di passaggio. Al contrario invece benediva chi dimostrava la benevolenza nei loro confronti e garantiva loro un trattamento altrettanto cordiale e premuroso quando si mettevano in viaggio.
Certi comportamenti, quando sono molto diffusi , non possono essere considerati casuali e,censurati e smussati dal tempo e dai cambiamenti all’interno della società, restano come il frutto di quello che gli uomini e le donne hanno costruito in quel contesto che in nessun modo poteva essere diverso.
Se dovesse capitarvi di assaggiare un cucchiaino di “slatko” di albicocche cercate di leggere quello che non è scritto in un semplice pezzo di frutto dorato, dolce e trasparente.
Slatko di Albicocche
Ingredienti
1 kg di albicocche piccole e sode
1 cucchiaio di bicarbonato di sodio
1 kg di zucchero semolato
2 dl di acqua
Il succo di ½ limone non trattato
3-4 rondelle di limone
Lavate le albicocche, tagliatele a metà ed eliminate il nocciolo. Con un coltellino molto affilato eliminate la buccia. Sciogliete il bicarbonato in un litro di acqua ed immergetevi le albicocche. Servirà a rendere la polpa più soda. Lasciatele a mollo per un paio di ore. Sciacquatele.
Intanto mettete lo zucchero e 2 dl di acqua in una pentola di acciaio pesante e iniziate a preparare lo sciroppo. Quando lo zucchero si è sciolto completamente e quando le bolle diventano grandi aggiungete le albicocche e scuotete la pentola per farle coprire completamente dallo sciroppo. Aggiungete il succo di limone e le rondelle di limone e continuate la cottura a fuoco medio senza mescolare ma scuotendo la pentola finche la consistenza dello sciroppo non diventi quella del miele. Eliminate attentamente la schiuma in superficie. Versate nei barattoli precedentemente strilizzati, disponendo le fette di limone in bella vista sulle pareti e chiudete i barattoli. **
*la parola slatko vuol dire dolce ma in questo caso è un sostantivo e non si riferisce a un dolce ma a questo tipo di preparazione.
** si usa ancora in molte case saltare la “pastorizzazione casalinga” fatta con il bagnomaria oppure con il sistema liquido bollente nel barattolo bollente. Una volta si usava coprire con uno strofinaccio bagnato di acqua fredda e strizzato facendo dei nodi sopra i manici della pentola e aspettare fino al raffreddamento per poi invasare. Pur considerandolo sbagliato dal punto di vista igienico dei nostri tempi, era un sistema adoperato da generazioni che non ha mai fatto male a nessuno: il panno freddo e strizzato raffreddava il contenuto della pentola aderendo perfettamente ai suoi bordi e “impediva” contemporaneamente l suo inquinamento. La densità dello sciroppo invece “limitava” alle spore di germinare. Non c’è nulla di scientifico in questo procedimento ma solo il buon senso di una volta e la spiegazione ha un valore di cronaca, non è un consiglio.
Testi a cura di Marina Bogdanovic – Mademoiselle Marina
Fotografie a cura di Lana Belic
8 Comments
Pellegrina
12 Giugno 2017 at 20:11
Oh se mi è capitato! Prima della guerra che ha travolto indegnamente un popolo che ho conosciuto cosi’ ospitale. Non solo mi sono goduta quella frutta soda zuccherina ma non troppo, con l’acqua ghiacciata e poi volendo il caffè che si usava a colazione, un vasetto scuro e un vasetto chiaro, ma ho anche avuto la fortuna di portarmene a casa un po’, di albicocche e di fragoline. Sono felice di sapere che si usa ancora. Ricordo di avere visto una commedia a Belgrado in cui il protagonista faceva colazione cosi’.
Marina
12 Giugno 2017 at 22:12
Non puoi immaginare quanto sono felice io delle tue parole ! Si usa ancora ma purtroppo non come prima: si usa e si tramanda laddove esiste la consapevolezza che dedicarsi alla cucina non denigra la persona (la donna ovviamente 😊) semmai la rende piu ricca e completa, però i cambiamenti nella società e i nuovi valori, spesso superficiali, hanno trasformato i rapporti fra le persone e non è detto che tutti ci abbiano guadagnato. E’ sempre un rito ma ormai sta diventa di vintage…spriamo bene perche sarebbe un peccato perderne il, significato.
Pellegrina
13 Giugno 2017 at 23:15
Cara Marina, che bello allora era tutto vero! bisognerà che impari a farlo io. Anche se al di là del mare, non bisogna perdere le tradizioni. Spesso le cose passano di moda e poi vengono riscoperte. Speriamo che lo slatko sia tra quelle, banalmente perché se lo merita lui e ce lo meritiamo noi, data la sua bontà.
Ovviamente Radagast è nient’altro che un lontano cugino, un po’nordico! (-:
Pellegrina
12 Giugno 2017 at 20:14
P.S.: tanto mi era rimasto impresso che ne ho scritto proprio ieri commentando la ricetta di albicocche su poverimabelliebuoni; anche se non precisavo il nome, intendevo esattamente quello.
Pellegrina
12 Giugno 2017 at 20:16
P.P.S.: oggi mi viene tutto in mente a rilento. Radigost ricorda molto il viandante Radagast del Signore degli anelli di Tolkien: un tipo molto simpatico che parla con gli uccelli.
Marina
12 Giugno 2017 at 22:13
E ‘ vero…ma penso che siano i cugini lontani 😊
milena
12 Giugno 2017 at 21:07
Rimango sempre a bocca aperta di fronte alle ricette e alle storie di questa rubrica. Quante cose non conosco e quante ne vorrei fare, non mi basterà di certo una vita, ma nel caso saprò sicuramente da dove cominciare grazie al Calendario del cibo italiano … e non!
Marina
12 Giugno 2017 at 22:16
Grazie infinite per le tue parole che sono un motivo in più per continuare su questa strada! La curiosità e la fame di sapere sono il sale della vita, non ci si stanca mai.
Grazie di nuovo 😊
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