Di questi tempi la cottura confit è di gran moda, ma, soprattutto come sistema di conservazione della carne, è parte antica e tradizionale non solo della cultura gastronomica italiana, come raccontano il tonno di coniglio piemontese o l’oca in onto veneta ma anche di altri Paesi. Ne è un esempio il lomo de orza (o lomo a la orza), che ho conosciuto a Granada ma è tipico di varie zone della Spagna centro-meridionale.
Tipica preparazione del periodo della macellazione del maiale, è citato in testi già del ‘500 e in origine consisteva in un grosso trancio di lonza di maiale tagliato a pezzettoni, marinato con aromi forti e poi “sobbollito” nello strutto, in cui veniva poi conservata a volte da solo e a volte con costillas o chorizo (costine o salsiccia), a cui veniva riservato lo stesso trattamento. Nella Spagna odierna il piatto è rimasto una preparazione popolare soprattutto nelle aree contadine, anche se, rappresentando una vera golosità, viene spesso proposta già pronta e invasata da gastronomie e negozi di alimenti locali.
Non solo ogni regione, ma ogni località e spesso ogni famiglia ne ha una ricetta praticamente diversa: chi marina la carne 12 ore in aceto, chi 7 giorni in acqua, chi la taglia a fette chi a cubotti, chi la frigge a fuoco forte e poi la invasa in grasso fresco che chi la cuoce a bassissima temperatura nello stesso grasso con cui poi la mette a riposare.
Anche la composizione della marinata iniziale è molto varia, ma in genere contempla sempre la presenza di aglio molto abbondante e utilizza peperoni dolci secchi, ogni zona ha i suoi; l’uso più ampio di spezie si rileva in Andalusia, di certo come eredità gastronomica della plurisecolare dominazione araba in zona.
Quello che accomuna però tutte le varianti odierne è la sostituzione dello strutto con olio di oliva che, oltre a lasciare la preparazione più leggera e con un gusto più delicato, permette di utilizzare l’olio di conserva per aromatizzare tostones (pane tostato) e altri snack.
I grossi bocconi di lonza, una volta scolati dall’olio di conserva, si servono di solito a fettine (c’è chi dice sottilissime, chi preferisce un po’ spesse), fredde, tiepide o calde, come tapa (stuzzichino), condite di solito con sale, pepe e, volendo un filo di olio fresco, oppure con un ciuffetto di maionese (ma i puristi inorridirebbero). Come piatto principale, invece, sia freddo che caldo, viene spesso accompagnato da patatas a lo pobre, una gustosa preparazione di patate saltate con cipolle, aromi e abbondante pepe. In caso non siano disponibili i peperoni secchi dolci spagnoli, li si può tranquillamente sostituire (come qui) con una bella presa di paprika dolce affumicata.
El lomo è il taglio di carne che qui traduco con “lonza”, tipica definizione del Norditalia, ma che al Centrosud è chiamato “lombo” o “lombata”. Per quanto riguarda la orza, invece, si tratta di un contenitore di terracotta con interno smaltato dalla tipica forma leggermente bombata, il cui nome deriva dal latino urceus, nato secoli fa per conservare sott’olio molti cibi diversi, che a seconda della regione viene decorato con colori e motivi differenti e che ancora oggi, nell’artigianato tradizionale, vede esemplari di diverse capienze, dai 500 ml fino ai 45 litri!
Tecnicamente parlando, per alcuni il contenitore di coccio è indispensabile al lomo de orza perché, pur conservando perfettamente il maiale, lo lascia “respirare”. Per questo, nel momento in cui, come qui, si utilizza invece un contenitore di vetro, gli specialisti raccomandano di lasciar raffreddare molto bene la carne ed il suo olio prima di chiudere il vaso, in media un paio d’ore in più di quando, al tatto, ci sembra che sia fredda a sufficienza. Altro passaggio importante è quello di scolare bene l’acqua che la carne emette mentre si intiepidisce prima di coprirla con l’olio.
La ricetta che segue è tipica da abuela (nonna): replica quella della bisnonna di un’amica di Montefrio, paesino sulle montagne sopra Granada famoso per l’olio, dove la famiglia della mia amica mi accolse anni fa per mostrarmi la loro produzione artigianale di formaggi e la cura dei loro jamones, prosciutti dal sapore tanto speciale che non so dimenticare.
I trucchetti che mi insegnò allora la bisnonna sono tre:
• usare un misto di limone e aceto per la marinatura senza renderla troppo liquida o abbondante, in modo che i sapori si concentrino al massimo,
• porre nella casseruola di cottura un paio di spicchi di limone che, come per magia, evitano “a prescindere” alla carne di attaccare al fondo,
• unire all’olio, prima di scaldare il tegame, una cucchiaiata di strutto, che suggerisce un pochino il sapore del piatto antico ed aiuta a capire quando il condimento nel vaso è davvero ben freddo e può essere chiuso.
Questa invece è la ricetta completa… ¡espero que os guste!
Lomo de Orza
Ingredienti
Per 1 vaso a bocca larga da 650 ml
650 g lonza in un pezzo unico
3 spicchi di aglio
1 limone
½ bicchierino di aceto di Jerez (o balsamico)
6 grani di pepe nero
2 foglioline di alloro
1 peperone secco di tipo ñora (o, come qui, 1 cucchiaino di paprika dolce affumicata)
1 cucchiaino di origano
1/8 di cucchiaino di briciole di cannella
1/8 di cucchiaino di semi di cumino
1 chiodo di garofano
circa 400 ml di olio extravergine leggero
25 g di strutto
sale grosso
Pestare in un mortaio l’aglio con il pepe, l’origano, il peperone secco (o paprika), cannella, cumino, garofano e una piccola presa di sale grosso, fino ad ottenere una pasta soda ed omogenea. Aggiungere l’aceto e il succo di ¾ di limone e mescolare bene.
Tagliare la lonza in 4 fette spesse poco più di 2 dita e dividerle a metà, ottenendo 8 cubotti. Massaggiarli con la marinata perché se ne impregnino bene e disporli in un sacchetto per alimenti. Versarvi sopra il resto della marinata, levare più aria possibile, chiudere bene e tenere in frigo almeno 12 ore, voltando il sacchetto ogni tanto. Qui la carne ha marinato 24 ore.
Disporre un paio di spicchi di limone con la buccia sul fondo di un tegame dai bordi alti. Distribuirvi sopra i pezzi di lonza in modo che non si sovrappongano e versare tanto olio quanto serve a coprirli poco più che a filo.
Unire lo strutto e l’alloro e scaldare tutto a fuoco molto basso, in modo che lo strutto si fonda e l’olio si scaldi insieme alla carne senza friggere, cuocendo in sostanza la lonza “per bollitura”, appena fremendo, per circa 12-15 minuti. Se non si è sicuri della cottura basta tagliare una fettina da un boccone: se al centro e appena rosata e chiara sul contorno è perfetta!
Quando la lonza è schiarita e leggermente dorata sugli spigoli ma con la polpa ancora morbida, trasferire la carne in un vaso di vetro (o di coccio) pulitissimo e farla raffreddare molto bene, almeno 4 o 5 ore, scolando di tanto in tanto l’eventuale acqua di vegetazione.
Filtrare con cura l’olio e versarlo nel vaso, unendo eventualmente olio fresco se servisse a coprire completamente la carne. Far raffreddare ancora un’oretta prima di chiudere il vaso e conservare in frigorifero almeno 48 ore prima di gustare. Si conserva anche 4 mesi, basta che il lomo sia sempre ben coperto di olio.
Testi e fotografie a cura di Annalena de Bortoli – Acquaviva Scorre
La foto della orza antica è presa qui