Shuba, alias Selyodka pod shuboy: l’insalata russa davvero russa… con tanto di pelliccia!
I Russi, un po’ come gli Italiani, sono un popolo godereccio che, quando c’è da mettersi a tavola, sa trarre miracoli anche dai prodotti più poveri. Nella tradizione gastronomica russa (intesa come Paesi dell’ex Unione Sovietica e limitrofi) per esempio, un pranzo della festa non può assolutamente iniziare senza una adeguata valangata di antipasti, gli zakuski: non solo sulle antiche tavole di corte ma anche sulle odierne tavole popolari, più gli antipasti abbondano per quantità, varietà e ricchezza più sottolineano l’importanza dell’occasione e la volontà del padrone di casa di essere ospitale, condividendo la celebrazione del momento con i suoi ospiti anche attraverso la soddisfazione dei loro gusti e del loro appetito.
Nella infinita varietà di zakuski si distinguono le insalate, nonostante la natura poco benigna di quelle lande fornisca in abbondanza solo patate, cavoli, rape e poco altro e le rare verdure fresche siano presenti per poche settimane all’anno e con prezzi proibitivi. Ma un paio di insalate diverse su una sakuska (tavola di zakuski) come si deve non possono mai mancare, di sola verdura cotta condita con salsine interessanti, spesso arricchite con erbe, primizie e a volte anche con bocconi di carne o di pesce.
Certo, sulle tavole casalinghe si tratta di quello che si può trovare a poco, come lingua o aringhe, ma la fantasia nell’interpretare questi ingredienti semplici è accesissima, e ne ò un esempio perfetto la cелёдка под шубой, che si legge selyodka pod shuboy e significa propriamente “aringa in pelliccia”!
E’ una sorta di presentazione elegante di quella che noi considereremmo una “banale” insalata “russa”, ovvero verdure cotte a pezzettini legate da maionese.
Ma qui il trucco è più d’uno, per nobilitare il piatto: gli ingredienti sono disposti a strati, con grande attenzione a consistenze e rapporti cromatici, il gusto della maionese è alleggerito da panna acida e se ne usa davvero poca, giusto per tenere insieme la composizione, e tra le verdure fa capolino del pesce conservato, il cui sapore deciso da protagonista viene perfettamente stemperato dall’amalgama delle varie componenti del piatto.
Il nome è dovuto alla nuvola soffice di verdure a strati che avvolge il pesce e, soprattutto, alla decorazione di uovo sodo che assomiglia ad un vello morbido, che come una nobile pelliccia avvolge un contenuto prezioso. Ed il senso non si perde neppure nel suo nome “familiare”, perché nelle case comuni la preparazione è più affettuosamente nota come shuba, ovvero… “pelouche”!
Ogni famiglia ne ha una propria versione: con molti cetriolini, senza mele, con cipolla non marinata, con uova complete sia tra gli strati che a coprire, con trito di aneto, prezzemolo o erba cipollina, con più o meno maionese tra gli strati… e ci sono varianti anche per l’ordine degli strati!
Se la tradizione classica la vuole presentata al centro del tavolo in una grossa cupola tondeggiante, a nascondere la sorpreda dei colori interni, una versione più moderna la serve in una ciotola o pirofila trasparente, per rivelarne subito gli strati. L’evoluzione decisamente modaiola la propone invece in monoporzioni direttamente nei piatti individuali, controllandone così forse di più l’estetica ma facendole perdere un po’ di quel senso di “golosità da condividere” della shuba che, con la sua eleganza semplice, rende una tavolata di famiglia ancora più conviviale.
L’importante comunque, per poter parlare di shuba originale, è che la presentazione sia in ogni caso curata e che, se possibile, per questo piatto si usi la selyotka, un’aringa conservata in salamoia, oggettivamente un po’ difficile da reperire in Italia se non nei negozietti specializzati in alimenti dell’Est. Forti di questo alibi possiamo qui sostituirla con aringhe o sgombro marinati, oppure con aringhe sotto sale o affumicate o, volendo (anche se si tradisce un pochino la tradizione di patto “elegante” ma povero), con salmone o storione affumicati o con caviale, tutti più semplici da trovare in supermercati un po’ forniti e in gastronomie anche non super-lusso.
Unico consiglio: in caso si usino pesci fortemente affumicati o salati è meglio lasciarli riposare per qualche ora coperti di latte latte prima di utilizzarli ed eliminarne sempre, se c’è, la pelle. Altro piccolo trucco: la smetana, la panna acida russa, ha una consistenza compatta simile allo yogurt greco ma un’acidità superiore: eventualmente la si può sostituire con quello, aggiungendo però qualche goccia di limone per rinfrescarne l’acidità.
Ma eccoci alla ricetta di quella che chiameremo familiarmente shuba e non selyodka pod shuboy, perché forse l’aringa giusta è rimasta in Russia e nella nostra pelliccia di uova e verdure dobbiamo accogliere qualche altro tipo di pesce conservato!
Shuba
Ingredienti
Per 4 persone
100 g di aringhe in salamoia (peso sgocciolato)
2 uova
2 patate (c.a 300 g in tutto)
2 carote (c.a 180 g in tutto)
1 barbabietola cotta (c.a 200 g)
1 cipollotto rosso
1 mela
1 limone
4 cetriolini dolci sottaceto
130 g di maionese
1 cucchiaio di panna acida
sale
pepe bianco al mulinello
Il giorno prima (o comunque con almeno un paio d’ore di anticipo) lessare le patate e le carote intere con la buccia partendo da acqua fredda leggermente salata e farle freddare. Poco prima di assemblare il piatto grattugiarle separatamente con la grattugia a fori grandi.
Grattugiare anche la barbabietola sbucciata con una grattugia a fori grandi, avvolgerle strettamente in alcuni fogli di carta assorbente e lasciare in frigo su un piatto fino all’uso, in modo che non rilascino liquido colorato.
Tagliare il cipollotto a fettine sottilissime e “stropicciarle” tra le dita con un filo di sale per ammorbidirle, quindi tritarle grossolanamente, spruzzarle con il succo di mezzo limone perché perdano il piccante e tenerle in frigo.
Rassodare le uova, sgusciarle, mettere da parte i tuorli e tritare gli albumi. Diluire la maionese con la panna acida. Mondare le aringhe, lavarle velocemente, asciugarle e tagliarle a pezzettini (ma c’è chi le lascia intere, con testa e coda che spuntano dalla cupola!). Tritare finemente i cetriolini e per ultima la mela sbucciata, spruzzandola subito con qualche goccia di limone.
Disporre a strati i vari ingredienti: una cupola unica, come da tradizione, prevede per ogni strato metà dose degli ingredienti e poi ricomincia da capo, nelle più moderne porzioni individuali basta uno strato di ogni colore, l’importante è seguire la regola classica nella sequenza.
Con le patate creare una base uniforme senza premerle troppo, in modo che lo strato resti morbido. Distribuirvi sopra i cetriolini e spalmare con un velo sottile di maionese. Aggiungere uno strato di carote, sempre senza premere troppo, e un velo di maionese.
Disporvi sopra le aringhe, poi il cipollotto e gli albumi tritati quindi spalmare di nuovo di maionese. Stendervi le barbabietole e poi le mele, avendo cura che ogni strato sia leggermente più stretto del precedente in modo da formare una montagnola arrotondata per ottenere una cupola, aiutandosi con un coppapasta o disponendo gli strati in verrine trasparenti per le monoporzioni.
Terminare con uno strato abbondante di maionese a coprire bene tutta la superficie (nel caso della cupola coprendola fino alla base, dando all’insieme una forma liscia e gradevole).
Lasciar riposare in frigo fino al servizio (da un’oretta a tutta la notte) e, poco prima di servire, passare i tuorli al setaccio e rivestire con questa mimosa la superficie della composizione (per la cupola anche sui lati). Decorare la cima con cetriolini o verdurine intagliate e portare in tavola.
Testi e fotografie a cura di Annalena De Bortoli
1 Comments
Sonia
7 Giugno 2017 at 14:32
Che goduria, lasciatemelo dire 😉
(La mia maestra di peluche è stata mia suocera, anche se lei non lo sa…e per fortuna la cucina è un’arte da rubare con gli occhi)
Con questa ricetta potrei-dico potrei- stupirla!!!
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