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Anche se il 25 novembre del1783  George Washington celebrò il British Evacuation Day consumando una fetta di Carrot Cake, seduto al tavolo della Frances Tower a Manhattan, sull’origine britannica della Torta di Carote più famosa del mondo gli Inglesi non ammettono discussioni: va bene perdere le Colonie, insomma, ma guai a toccare la paternità di uno dei dolci più antichi e piu’ amati del loro patrimonio gastronomico.

A leggere la voce che l’Oxford Companion of Food dedica all’argomento, infatti, sembra quasi che siano le carote, più ancora del tè, a scorrere nel sangue dei Brits: ad essere antichissime, oltre al loro consumo, sono  anche le ricette che utilizzano questo ingrediente in quelle preparazioni che, seppure impropriamente, potremmo definire dolci. I primi Carrot puddings sono attestati infatti nel Medio Evo e anche se separare i sapori, a quel tempo, era impossibile, le evoluzioni successive contribuirono a spostare questo piatto sempre di più verso la sezione dessert. Presto si iniziò a ricoprirlo di pasta, prima una frolla rudimentale, poi una sfoglia sempre più accurata, a ridurre la presenza di carne e di altri ingredienti “salati” e a combinarlo con spezie dichiaratamente dolci, come la cannella e il macis. Verso la fine XVII secolo sono poi attestate le prime ricette con uova e panna che sdoganano definitivamente questo Pudding dalla categoria del salato per collocarlo inequivocabilmente nel sempre più variegato mondo dei dessert.

Se il pater della Carrot Cake è dunque certus, non è chiaro quando si passò dalla versione al cucchiaio a quella della torta classica. Gli idizi del bicarbonato prima e del lievito poi come agenti lievitanti collocano questo passaggio verso la fine del XVIII secolo, epoca a cui appartengono le prime ricette scritte, fra cui quella della torta servita a George Washington. Di sicuro, però, questa torta conobbe il suo momento di gloria durante le restrizioni belliche e il razionamento della Seconda Guerra Mondiale, quando lo zucchero divenne un bene di lusso: la dolcezza delle carote riusciva a supplire egregiamente alla riduzione o alla mancanza di questo ingrediente e la Carrot Cake divenne per molti anche il simbolo di una resistenza fiera e dignitosa alle avversità della guerra.

Risale invece agli anni Sessanta e all’arrivo sul mercato del Philadelphia l’accoppiata inseparabile di questa torta con la glassa di formaggio spalmabile: prima di allora, la Carrot cake non era una torta a strati ma, prevalentemente, un loaf, l’equivalente del nostro cake, cotto cioè in uno stampo a cassetta. Ma l’abbinamento piacque al punto che, negli Stati Uniti, e’ praticamente impossibile trovare oggi una Carrot Cake che non sia anche una Layer Cake, cioè una torta a strati, inframmezzata da questa crema.

Gli Anni Settanta, poi, ne decretarono la consacrazione definitiva, grazie all’inserimento delle carote nell’elenco degli Healthy Food. Siccome mangiar carote faceva bene alla salute, ecco che anche la Carrot Cake balzava prepotentemente alla testa dei dolci salutari, con buona pace del frosting che la ricopriva: ancora recentemente, il canale americano Food Network, dovendo stilare una classifica dei cibi più amati in quel periodo, ha collocato questa torta al quinto posto.

Oggi, le variazioni sul tema non si contano: dalle noci alle mele, dallo zenzero al lemongrass, passando per l’utilizzo di farine differenti, ogni scusa e’ buona per lanciare sul mercato una nuova variante di Carrot Cake. Noi vi proponiamo invece la versione classica, ad un solo strato, meno scenografica delle cugine a stelle e a strisce ma altrettanto buona e golosa.

Carrot Cake

250 gr di zucchero
175 ml di olio vegetale
3 uova
375 gr  di farina
5/6 carote grattugiate finemente
mezzo cucchiaino di sale
un cucchiaino e un terzo di bicarbonato di soda
1 cucchiaino e un terzo di cannella

Si mescolano bene l’olio e lo zucchero e poi si aggiungono le uova intere, una alla volta, badando a che il primo si sia ben amalgamato all’impasto, prima di aggiungere l’altro. Dopodiché, si uniscono tutti gli ingredienti asciutti e, in ultimo, le carote.
Si versa l’impasto in una teglia quadrata, ben unta, e si inforna a 160 gradi in modalità statica, per circa un’ora

Quella robina bianca che vedete lì sopra è la famosa icing glass, che ora usano anche per la decorazione delle cupcakes: all’incirca, ci vuole un etto di burro non salato, a temperatura ambiente, che va montato con 250 g di Philadelphia; si aggiungono poi 70 g di zucchero vanigliato e due cucchiaini di essenza di vaniglia (oppure rhum o anice: per la cronaca, usando lo zucchero vanigliato, io non aggiungo altro. Voi assaggiate e regolatevi sui vostri gusti)

Aspettate che la torta si sia completamente raffreddata, poi sformatela su un piatto da portata e decoratela con la glassa – sia servendovi di un sac à poche, sia spalmandola direttamente sulla superficie.

Nota: Obbligatorio lo stampo quadrato, visto che è la classica torta che si consuma a “cubotti”, proprio come nei telefilm americani. L’unica avvertenza è che la icing glass dopo un giorno o due ingiallisce, quindi bisognerebbe consumarla o in giornata o al max il giorno dopo… oppure ridurre le dosi.

Testo di Alessandra Gennaro
Fotografie a cura di Valentina de Felice – DiVerdeDiViola

1 Comments

  • sabrina

    4 Maggio 2017 at 7:37

    Interessantissimo questo post. Continuo a sottolineare quanto sto imparando da questo Calendario, ogni giorno, in modo semplice e mai noioso. Grandissimi complimenti anche a Valentina per le foto: bellissime!

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