Fra i sacrifici alla voce “dura la vita del foodblogger” il piu’ diffuso e’ quello di mettersi in viaggio alla ricerca dei sapori autentici della nostra tradizione. Perché è vero che ricrearli nelle nostre cucine da’ soddisfazione, ma nulla e’ paragonabile al poterli assaggiare in loco, condendo magari la degustazione con una chiacchierata con gli artefici di queste bontà.
Questo e’ quanto toccato in sorte alla nostra Vittoria che, convocata d’urgenza per una missione nella Riviera di Levante, in occasione della Giornata Nazionale della Focaccia di Recco, si e’ prestata con raro spirito di dedizione e di abnegazione abnegazione, tornando alla base, oltre che a stomaco pieno, anche con un taccuino zeppo di informazioni, raccolte direttamente dai più famosi produttori dell’altrettanto celebre focaccia: il Signor Cesare Carbone, pronipote della Manuelina, colei che per prima fece servire questo prodotto nell’omonimo ristorante, la cui fama costituì il grande tampolino di lancio della focaccia di Recco oltre i confini territoriali: il Signor Biagio, della Baracchetta di Biagio (non IGP), punto di ritrovo obbligato, alla fine di una giornata al mare, perche’ la coda sull’Aurelia ha tutto un altro sapore, se la si affronta dopo uno spuntino veloce; i due panifici piu’ famosi della citta’, il Panificio Tossini e Panificio Moltedo storico Sig.ra Luisa Moltedo, Rivendita Picasso (non IGP)- perche’, lo ricordiamo, prima della Manuelina, la focaccia di Recco era solo un prodotto da forno, il più raffinato dei cibi di strada della Liguria. E, infine, un salto alla Pro Loco, dove ad attenderla c’era la Signora Luisa Capurro, per le ultime chiacchiere e gli ultimi assaggi.
A dispetto della fama dei Liguri musoni, mugugnoni e parchi di parole, attraverso queste chiacchierate ha preso forma la storia di un prodotto dalle radici antiche ma dalla fama recente, la cui integrità viene pero’ preservata in moto attento e intelligente, come solo sa fare chi sa che cosa significa amare, nello stesso tempo, la propria terra e il proprio lavoro.
Ve la raccontiamo in pillole, segreti compresi (seppure svelati a metà).
IGP: il marchio IGP è stato richiesto per fare fronte alla incontrollata diffusione di imitazioni scorrette del prodotto che non assomigliano per nulla all’originale e confondono e deludono i clienti. (sito del consorzio, disciplinare IGP, Pro Loco).
Zona di produzione: storicamente solo Recco, è stata allargata anche ai comuni di Sori, Avegno e Camogli per raggiungere l’ampiezza di zona minima prevista per la denominazione IGP. Quello che il Disciplinare non dice e’ che la scelta non e’ stata indolore, tanto che qualche nome illustre, come lo stesso Biagio, ha deciso di uscire dal Consorzio e di non fregiarsi del marchio, in segno di protesta (La sua focaccia si chiama Autentica focaccia al formaggio della Baracchetta e ha un proprio marchio e una propria pagina.). Al di fuori di questi comuni non si può chiamare Focaccia al formaggio di Recco, ma solo focaccia al formaggio. (disciplinare IGP) anche se prodotta dagli appartenenti al consorzio.
Origini: L’idea di proporre la focaccia al formaggio al pubblico fu della Manuelina che nel 1885 aprì l’osteria e cominciò a servirla facendola diventare famosa. Nel loro sito c’è tutta la storia.
Farina: il disciplinare indica solo Farina 00, Manuelina usa la Manitoba.
Olio: tutti d’accordo nell’usare extravergine ligure
Formaggio: E’ il punto più controverso di tutta la storia della focaccia. Il disciplinare IGP indica genericamente “formaggio fresco”. In origine, veniva usata una formaggetta morbida e fresca prodotta localmente, oggi introvabile oggi: qualcuno che ancora la produce c’e’, ma a livello amatoriale e senza scopi commerciali. Si aggiunga anche che nella zona mancano allevamenti di mucche: chi ne possiede tante, al massimo ne ha tre o quattro e il loro latte servirebbe a malapena per fare altrettante focacce. Bisogna quindi rivolgersi ai “foresti” o anche ad una produzione industriale, in grado di reggere il consumo.
Alcuni degli intervistati (Biagio e Panificio Moltedo) usano lo stracchino Invernizzi in una versione prodotta apposta per la focaccia di Recco, più soda e pastosa: altri prodotti artigianali (Eredi Carioni, il panificio Tossini, segreto assoluto alla Manuelina), non locali. Lo stracchino non deve essere appena prodotto, ma semmai vicino alla scadenza (circa 15 giorni prima) per sviluppare la giusta consistenza e la giusta acidità.
Sulla consistenza i pareri sono unanimi: no al troppo liquido, anzi: il formaggio deve essere molle ma pastoso, in modo da sciogliersi senza bagnare la pasta o- peggio- trasformarsi in siero. Anche l’acidità deve essere “giusta”: questo e’ il motivo per cui la Prescinseua, la famosa cagliata ligure che costituisce uno degli ingredienti essenziali della Pasqualina, nella Focaccia di Recco non va: troppa acidità e poca consistenza.
(Credits Focacceria Manuelina)
La stessa cura viene poi riservata alla qualità del formaggio: anche quello di produzione industriale e’ controllato con una cura fuori dall’ordinario, a tutela della bontà del prodotto finito.
E altrettanta attenzione andrebbe prestata nei confronti di stracchini recenti, che vengono presentati come gli unici e gli originali: si tratta di operazioni commerciali abbastanza sfacciate che, oltretutto, crollano alla prova dell’assaggio.
Metodo di cottura: alcuni cuociono in teglia di rame stagnato (Manuelina), altri in teglie di alluminio (Tossini) e altri direttamente a contatto con il piano rovente del forno come le pizze (Biagio, Moltedo). In questo caso la focaccia viene preparata su un vassoio in legno senza bordi spolverato di farina di mais e poi fatta scivolare nel forno. A fine cottura si fa scivolare di nuovo sul vassoio di legno per essere porzionata.
Anche chi la cuoce in teglia, poi la fa scivolare sul vassoio in legno per porzionarla (Manuelina, famosa anche per le teglie giganti in rame, da 80 cm, quelle che si portano direttamente in sala, quando la Focaccia di Recco e’ ordinata come antipasto). Considerato che per circa 5-6 porzioni si utilizzano 800 g di formaggio, fra due sfoglie sottilissime come veli, questa operazione deve essere fatta con la massima cautela, perche’ se si buca la sfoglia sottostante, sono guai.
Testi a cura di Vittoria Traversa – La Cucina Piccolina
7 Comments
Patty
12 Aprile 2017 at 10:47
ESTASIATA. Non riesco a dire altro.
Necessario urgente viaggio a Recco, magari per proprio il 28 maggio, quando si terrà la Sagra annuale. Magari anche prima!
Stupendo e illuminante articolo. Grazie Vittoria!
Vittoria
12 Aprile 2017 at 12:19
Patti vieni davveroooo, ti ospito volentierissimo, però in cambio mi devi portare due cavallucci e due fettine di buristo!
alessandra
12 Aprile 2017 at 12:02
Vitto, te lo dico anche di qua.
Lavoro superbo. Brava, Brava Brava!
Vittoria
12 Aprile 2017 at 12:17
Ale te lo dico anche qua non mi sembra vero, sono emozionatissima e mi sono pure divertita da morire, oltre ad essere ingrassata a furia di assaggi
Silvia
12 Aprile 2017 at 12:28
Wow che meraviglia, articolo molto interessante che ha scatenato una gran voglia di mangiarne una fetta ☺
Sto salivando a quell’oddio, ma che meraviglia Vittoria! La data della sagra della focaccia è nella mia agenda da due anni, speriamo quest’anno di poterci andare!!!
12 Aprile 2017 at 14:08
Sto salivando a quell’oddio, ma che meraviglia Vittoria! La data della sagra della focaccia è nella mia agenda da due anni, speriamo quest’anno di poterci andare!!!
Mapi
14 Aprile 2017 at 9:27
Sono stata a Recco diversi anni fa con amici, e ho gustato la sua famosa focaccia direttamente in loco: paradisiaca.
Splendido articolo Vitto, molto curato e con una dritta estremamente interessante sullo stracchino: ne farò BUON uso!!! 😉
Grazie per esserti sacrificata per noi, so bene che è un duro lavoro quello di andare a degustare prodotti locali, ed è stato davvero generoso da parte tua sobbarcartelo per noi! ^_^
Un abbraccio e tanti auguri di Buona Pasqua a te e famiglia. <3
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