Modica ed il cioccolato hanno un legame profondo che affonda le radici nella storia, nel territorio e nelle sue tradizioni. Il cioccolato di Modica, a sua volta, è intrinsecamente legato alla Antica Dolceria Bonajuto che, con oltre 150 anni di vita, è la più antica fabbrica di cioccolato di Sicilia ancora in attività. Proprio per questo abbiamo chiesto a Pierpaolo Ruta, erede di Bonajuto, di raccontarci questa antica storia.
Il racconto inizia da quando gli spagnoli importarono in Italia il cioccolato introducendo anche gli stessi strumenti usati dagli Atzechi per la sua lavorazione. Proprio dal Xocoàlt degli Atzechi deriva, infatti, il cioccolato di Modica: la lavorazione del Xocoàlt prevedeva che la pasta di cacao venisse lavorata sulla pietra- il metate– e poi unita a delle spezie.
Questa lavorazione – racconta Pierpaolo Ruta- era fatta a freddo pertanto la pasta di cacao manteneva tutte le sue caratteristiche organolettiche ed in più non si fondeva con lo zucchero: il risultato è una texture più granulosa in cui si sentono i cristalli di zucchero ed un gusto puro in cui è ancora possibile distinguere il dolce dall’amaro. Nel 1716 gli spagnoli lasciarono Modica e, con il loro andarsene, questa tecnica di lavorazione venne un po’ dimenticata e relegata solo in qualche nicchia familiare e di dolceria come, appunto, la Bonajuto.
“La Dolceria è di sesta generazione: nasce dall’idea di Francesco Bonajuto che fra le sue attività commerciali aveva anche un “fattojo per il cioccolatte”. Nel testamento lo lasciò al figlio Federico e da lì è iniziata questa storia che non si è più interrotta. Infatti la Dolceria ha attraversato diverse vicende particolari ed interessanti: durante la guerra, ad esempio, fu aperto un bar annesso. Lo zucchero, in quel periodo, veniva dato solo a chi aveva la possibilità di avere la macchina del caffè; pur di continuare a far dolci i Bonajuto decisero, quindi, di inserire questa attività.
Nel 1992 c’è stata una ristrutturazione da parte mia e di mio padre, il cui desiderio era di portare avanti un discorso filologico e di recupero di tutta quella tipologia di ricette che non si facevano più per motivi di tempo o per scarsa attenzione del mercato.
La tecnica di produzione del cioccolato è rimasta inalterata nel tempo tranne per il fatto che agli inizi del ‘900 c’era l’inserimento di una piccolissima quantità di amido: spesso la cioccolata veniva utilizzata unicamente per la tazza e l’amido faceva da addensante. Oggi il cioccolato non può esser addizionato con l’amido; tranne per questo particolare la lavorazione è proseguita in modo tradizionale. A livello procedurale fino agli anni ‘60 si usava il metate, una pietra ancora oggi usata in Sud America per la macinazione dei semi di cacao; oggi è ancora utilizzato ma è affiancato da tecnologie che prevedono e controllano che non vi sia sviluppo di alte temperature.
Fino al ’92 esistevano solo le varianti alla vaniglia e alla cannella di cui parlava anche Leonardo Sciascia (1); oggi, con la stessa filosofia, si fanno anche altre tipologie di cioccolato sempre legate ad aromi del territorio o alla sua stessa storia. Siamo stati fra i primi in Italia a proporre il cioccolato al peperoncino ed abbiamo scelto questo accostamento proprio per riprendere la memoria di cosa era alle sue origini negli usi e negli abbinamenti di gusto degli Atzechi. Gli altri ingredienti con cui aromatizziamo il cioccolato li abbiamo scelti guardando il territorio: è nato così il cioccolato all’arancia, al bergamotto e al gelsomino. Pensando alla nostra storia ed alle influenze arabe, invece, è stata pensata la variante al cardamomo. Gli aromi, in tutti i casi, non sono di sintesi ma vengono inseriti nel cioccolato come ingredienti: quello all’arancia contiene scorza d’arancia disidratata, quello al cardamomo ne contiene semi pestati.
Il Cioccolato di Modica ha delle “sorelle”: una è lo spagnolo “chocolade a la piedra”: qui ancora oggi mette farina di riso come addensante in quanto è una tipologia di cioccolato prodotto soprattutto per il consumo in tazza. E’ prodotto nella zona di Agramut, a nord di Barcellona ed in qualche altra piccola località spagnola. Un altro cioccolato molto vicino al modicano è presente nella regione messicana di Oaxaca: è curioso e divertente come tante volte capiti che qualche turista messicano assaggiando il nostro cioccolato lo riconosca ed esclami “Il cioccolato di mia nonna!”.
All’inizio anche per noi la maggior parte del cioccolato era prodotto per un consumo alla tazza; quando nel ’92 si è cercato di rivalutare e rilanciare questo prodotto si è puntato sulla sua unicità di texture e di granulometria molto particolare e si è incrementata la produzione in tavolette. Negli anni la produzione è incrementata moltissimo, basti pensare che si è passati dai 300 chilogrammi dei primi anni ’70 alle 20 tonnellate attuali all’anno. La carta vincente è stato il comunicare il più possibile la nostra passione: è molto bello vedere come, senza un budget elevato in comunicazione, semplicemente parlando della nostra filosofia e delle nostre emozioni mondo si sia accorto di noi.
Proprio le caratteristiche sopra descritte e la sua gamma aromatica fanno sì che sia molto usato anche in cucina. Un classico sono gli ‘mpanatigghi, dei biscotti farciti con carne macinata e cioccolato. La storia di questi biscotti ha origini lontane e risale anch’essa agli spagnoli che li introdussero insieme al cioccolato: anche il termine ricorda l’iberico empanadas. Un altro abbinamento classico è con la ricotta. Esistono poi ricette salate in cui è usato, come nella preparazione del coniglio al cioccolato dello chef Peppe Barone o nella cucina di Vincenzo Candiano.”
Pierpaolo Ruta ci lascia con un ricordo dolcissimo che parla di passione e di sensibilità.
“Io sono cresciuto con mia nonna che mi raccontava che suo padre andava a siringare lo zucchero caldo preparato per fare le caramelle dentro i fichi che ancora erano su di una pianta; chiamava, poi, a raccolta i bambini e li portava all’albero delle caramelle; questo racconto ci è anche tramandato Padre Pietro Iabichella in un bellissimo video. Questa cosa, credo, sia l’energia per cui ho continuato a portare avanti l’attività di famiglia ed è una cosa che va al di là dei numeri, al di là di qualsiasi altro fatto e significa la passione”.
(1) «Altro richiamo per restare alla gola… È di due tipi, alla vaniglia e alla cannella, da mangiare in tocchi o da sciogliere in tazze: di inarrivabile sapore, sicché a chi lo gusta sembra di essere arrivato all’archetipo, all’assoluto, e che il cioccolato altrove prodotto — sia pure il più celebrato — ne sia l’adulterazione, la corruzione». Leonardo Sciascia, La Contea di Modica.
Testi a cura di Laura Bertolini – Eventi e Contatti con gli Chef per il Calendario del Cibo Italiano
Fotografie gentilmente fornite dalla Antica Dolceria Bonajuto
4 Comments
Manu
7 Aprile 2017 at 11:11
Un viaggio nel mondo del cioccolato di Modica che stuzzica l’acquolina e il desiderio d’assaporare tali meraviglie
Grazie
Giovanna
7 Aprile 2017 at 17:05
Emozionante l’idea che ci sia ancora un legame così forte con l’antica arte di produzione del cioccolato introdotta dagli Spagnoli. Bellissimo contributo, grazie Laura!
Patty
7 Aprile 2017 at 18:35
Uno splendido articolo per un prodotto che ogni volta mi emoziona.
Devo confessare che io sono fedelmente devota alla versione basica, nera e senza aromi.
Grazie per questo splendido viaggio nel cioccolato di Modica.
Pat
Il cioccolato di Modica: eccellenza siciliana – Acqua e Menta
7 Aprile 2017 at 22:20
[…] Ovviamente stiamo parlando del Calendario del Cibo Italiano che oggi, in particolare, celebra la GN del Cioccolato di Modica, un’eccellenza siciliana tutta da […]
Comments are closed.