U dnu teksta je recept na Srpskom
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L’usanza di cucinare le frattaglie è presente in quasi tutte le culture e fa parte del buon senso di tutti i popoli che, adattandosi a quello che avevano a disposizione, hanno da sempre cercato di portare in tavola il massimo con il minimo, senza sprecare nulla.
Il cugino serbo della Coratella con i carciofi si chiama Jagnjeca sarmica (da sarmak, il verbo che in turco significa avvolgere) e nel suo nome porta una chiara impronta dell’influenza ottomana che su questi territori si è accumulata nei secoli, lasciando il segno in tutti gli aspetti sociali, cucina compresa.
Il fegato, i polmoni, il rognone e il cuore dell’agnello vengono mescolati insieme all’inevitabile cipolla stufata (cipollotti, visto che si prepara esclusivamente in primavera) e l’immancabile riso bollito, conditi e avvolti nella retina dell’animale.
Sono stati gli Ottomani ad aver diffuso l’antica usanza dell’Asia centrale di avvolgere il riso pilav nelle foglie di varie verdure ma anche nella retina al solo scopo di compattare gli alimenti rendendoli facili da mangiare anche con le mani.
Jagnjeca sarmica è il tradizionale piatto di Pasqua del sud della Serbia che si unisce all’ampia fascia montuosa che partendo dal Bosforo e passando per la Bulgaria e il Kosovo arriva fino alla Bosnia, per secoli il corridoio naturale della transumanza dei Balcani.
Nasce nelle osterie dei paesi degli importanti mercati di bestiame in fondo alle valli , viene preparato nei recipienti di terracotta e cotto nei grandi forni comuni. Come tutti i piatti di origine ottomana, anche questo viene rifinito con una miscela di yogurt e uova che cuocendo diventa una croccante crosticina dorata.
Questa crosticina diventa per magia lo specchio dove si riflette una parte della storia gastronomica Serba.
Jagnjeca Sarmica
1 retina di agnello
Coratella di agnello (700-800g)
2 mazzetti di cipollotti
1 mazzetto di aglio fresco
2 cucchiai di prezzemolo tritato
Paprika dolce
3 uova
3oo ml di yogurt
2 tazzine di riso
Sale, pepe
1 foglia d’alloro
Olio extravergine d’oliva
Lavate la coratella e cuocetela (senza il fegato) per 30 minuti nella pentola a pressione insieme alla foglia d’alloro e qualche granello di pepe nero. Scollate conservando il liquido di cottura e tagliate tutto a cubetti.
Tagliate finemente i cipollotti insieme all’aglio e fateli stufare in un tegame con 2-3 cucchiai di olio extravergine d’oliva aggiungendo man mano il liquido di cottura fino a farli diventare quasi una crema. Aggiungere la coratella a pezzettini, il fegato crudo tagliato a dadini e il riso precedentemente lessato. Mescolate bene, salate, pepate, cospargete con la paprika secondo il vostro gusto. Aggiungete il prezzemolo e 1 uovo e mescolate bene.
Ungete di olio una pirofila in terracotta (ovale 25 cm) e disponete sul fondo e sulle pareti la retina di agnello precedentemente ammorbidita nell’acqua tiepida. Lasciate debordare. Disponete la coratella e coprite con la retina. Mescolate 2 uova con lo yogurt, 1 spicchio d’aglio tritato finemente, un po’ di paprika e 2-3 cucchiai di liquido di cottura della coratella. Versate il composto sul “tortino”.
Cuocete nel forno riscaldato a 180° – 200° finché non si formerà una leggera crosticina (30 minuti circa).
Lasciate riposare almeno 20 minuti prima di servire.
Verzija na Srpskom
Opste je poznato da u kuhinji od kada je sveta i veka vlada zdrav razum koji, prilagodjavajuci se onome sto je dostupno, ukazuje da nista ne treba da se baca i da i najjednostavnije stvari mogu da se pretvore u prave pravcite djakonije. Tako je i sa iznutricama ! Italijanska Coratella con i carciofi ima srpskog rodjaka koji se zove Jagnjeca sarmica (od turskog glagola sarmak: zamotati, zaviti) koja ne samo u imenu nego i u nacinu pripreme nosi jasni otomanski uticaj, onaj isti koji se na ovim podnebljima vekovima talozio ne samo u kuhinji veci u mnogim aspektima drustva. U nekoliko reci masa od jagnjece dzigerice, pluca, bubrega i srca se pomesa sa dosta dinstanog luka (mladog luka obicno jer se ova vrsta sarmice sprema iskljucivo u prolece) i neizbeznim kuvanim pirincem, dobro se zacini, zavije u maramicu i ispece u zemljanoj posudi. Obicaj centralnoazijskih kultura da se zacinjeni pirinac (pilav) uvije u lisce raznog povrca ili u plucnu maramicu i potom skuva ili ispece su na Balkan preneli Turci: to je bio jedan od nacina da se usitnjena hrana lakse jede rukama ! Jagnjeca sarmica je jedno od tradicionalnih Uskrsnjih jela sa juga Srbije i u neku ruku nastavlja da povezuje planine Turske i Bugarske preko juzne Srbije sa planinama Bosne, pojasom kojim su se vekovima kretali pastiri sa njihovim stadima. Njen put prema severu zemlje je sigurno zapoceo u gradovima u podnozju tih planina, centrima vaznih stocnih pijaca, u cijim zajednickim furunama su se pekle jedna do druge mastovito ukrasene zemljane posude sa sarmicama prelivenim mesavinom jogurta i jaja, jos jedne od nebrojanih turskih zaostavstina. Taj jednostavni zaliv se posle pecenja pretvori u sjajnu krckavu koricu u kojoj se ogleda deo gastronomske istorije Srbije.
Jagnjeca sarmica
1 jagnjeca maramica
700-800g “materijala za sarmicu”
(dzigerica, pluca, bubrezi i srce)
2 veze mladog luka
1 veza mladog belog luka
2 kasike seckanog persuna
Slatka aleva paprika
3 jaja
3000 ml jogurta
2 kafene soljice kuvanog pirinca
So, biber
1 lorberov list
Maslinovo ulje (ili mast)
Operite iznutrice, nalijte ih vodom i kuvajte ih (sve osim dzigerice) 30 minuta u ekspres loncu sa listom lorbera i nekoliko zrna crnog bibera. Ocedite ali sacuvajte tecnost u kojoj se kuvalo i iseckajte sve na kockice.
Operite, ocistite i tanko iseckajte luk i beli luk i izdinstajte na masti dodavajuci malo po malo tecnosti supe u kojoj su se iznutrice kuvale. Luk treba da postane jako mekan, treba da se raspadne. Dodajte iznutrice, zivu dzigericu iseckanu na kockicce i kuvani pirica. Dobro promesajte,posolite,pobiberite i zacinite paprikom po ukusu. Dodajte seckani persun i jedno jaje. Dobro promesajte.
Zamastite zemljani djuvec (25 cm) i oblozite ga maramicom koju ste prethodno drzali u mlakoj vodi da omekne. Ostavite stranice da budu duze, Sipajte spremljenu masu i preklopite maramicom. Umutite 2 jaja sa jogurtom, stavite 1 cen belog luka, malo aleve paprike i 2-3 kasike tecnostii od kuvanja i prelijte time sarmicu.
Pecite u rerni koju ste prethodno zagrejali na 180-200° oko pola sata (dok se na povrsini ne napravi korica)
Ostavite da odlezi dvadesetak minuta pre sluzenja.
English Version
Ingredients List
1 roasting net of lamb
Lamb’s offal (liver, (700-800g)
2 bunches of spring onions, finely chopped
1 bunch of fresh garlic, finely chopped
2 tablespoons chopped parsley
a pinch of sweet paprika
1 egg
1 cup rice
1 bay leaf
2-3 Tbs Extravirgin oil
salt and pepper
To garnish
1 clove, finely chopped
(or 2-3 stems fresh garlic, finely chopped)
2 eggs
200 ml plain yogurt
2-3 tablespoon gravy
a pinch of sweet paprika
Boil the rice, drain it well and set aside Soak the roasting net in warm water. Wash the lamb’s offal and set the liver apart.
Cook the rest of the offal for 30 minutes in a pressure cooker, with the bay leaf and a pinch of black pepper.
Remove the meat (do not throw the gravy) and cuti it into small cubes.
Heat the extravirgin oil in a large pan and fry the spring onions and the garlic, at a low heat, adding some gravy (set 2 -3 tablespoon apart, for the garnishing), little by little, until they will be soft and creamy. Add the lamb’s offal, the raw liver, diced, and the boiled rice. Mix well, season with salt and pepper, sprinkle with sweet paprika and parsley and add stir in 1 egg. Combine all the ingredients and set aside.
Cover an oval earthenware pan (25 cm length), slightly greased, with the soaked roasting net , so that the edges hang over the top.
Gently transfer the meat and cover wit the roasting net.
Preheat the oven to 180°C For the garnishing, combine all the ingredients and pour the mixture on the “pie”.
Bake the Jagnjeca Sarmica for about 30 minutes, until it gets a thin crust.
Let stand at least 20 minutes before serving.
Fotografia e Testi a cura di Marina Bogdanovic – Mademoiselle Marina
13 Comments
Manu
2 Aprile 2017 at 14:01
Un piatto che eleva il quinto quarto, cambiano i paesi e i popoli ma non la cultura di saper creare piatti deliziosi partendo da ingredienti poveri… dobbiamo solo metterci in gioco ed imparare. Grazie
Marina
2 Aprile 2017 at 16:44
È curioso come la mente umana per certe cose produce spesso le cose molto simili in giro per il mondo !
alessandra
2 Aprile 2017 at 14:15
prima di qualsiasi altro commento
prima di qualsiasi altro complimento
prima di qualsiasi altra riflessione
quella teglia deve essere mia.
Cosi l’ho detto per prima- e voglio un po’ vedere chi osa 🙂
Grandissimo piatto, Marina, pressoche’ sconosciuto (stavo dannandomi l’anima per cercare “retina” in inglese e ho trovato solo versioni in serbo, e pure poche): speriamo di diffonderlo come merita da qui!
Manu
2 Aprile 2017 at 14:18
Se vuoi la teglia prima deve essere svuotata, ci penso io 😉
Redazione
2 Aprile 2017 at 14:28
Quella teglia la compreremo tutte insieme, perchè andremo tutte a Zlakusa a fare un indispensabile workshop sulla lavorazione delle caccavelle serbe 🙂
Marina
2 Aprile 2017 at 16:49
Sono piatti poveri che difficilmente vengono diffusi all’estero un po’ per vergogna di presentare frattaglie un po’ perché manca ancora la consapevolezza di quello che è l’identità gastronomica…spesso viene confusa in altre cose. Si, è un piatto forte ma molto buono. È la teglia colpisce: era di mia mamma !
Eleonora
2 Aprile 2017 at 16:30
Che articolo meraviglioso. L’ultima frase sullo specchio poi, di una delicatezza e di una poesia uniche.
Il piatto è interessantissimo e il contenitore…penso che te lo abbiano già detto.
Grazie. Infinite.
Redazione
2 Aprile 2017 at 16:31
Grazie Eleonora, soprattutto per aver colto quel valore così grande inserito nell’ultima frase.
Marina
2 Aprile 2017 at 16:50
Grazie 😊
sabrina
2 Aprile 2017 at 17:40
Piatto mai visto e mai sentito. Imparo un sacco di cose frequentandovi. Grazie Marina!
Marina
3 Aprile 2017 at 13:10
Grazie Sabrina !
Elena
2 Aprile 2017 at 20:06
e’ vero l’uso delle frattaglie accomuna tutti i popoli, e tutti sono restii a proporre questi piatti, quasi una forma di vergogna per i piatti poveri, non pensando che in realtà una gran ricchezza! La retina, questa sconosciuta, mi hai ricordato che quando ero piccola c’era sempre dal macellaio un contenitore in acciaio con la retina (la mia nonna la usava per avvolgere il fagiano prima di metterlo al forno), ora sono anni che non la vedo! Complimenti per l’articolo!
Marina
3 Aprile 2017 at 13:13
Infatti…ma i macellai bisogna cercarli bene e curarli ancora meglio 😊 io ho la fortuna di avere uno in gamba al mercato ! Grazie Elena, ti aspettiamo sempre.
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